Una moneta in bilico: durerà se Trump lo vuole
L’ECO, una nuova moneta per una nuova Africa – Probabilmente per il cittadino comune la data del 29 giugno 2019 significa poco, se non con riferimento a un compleanno, a un anniversario o a un matrimonio.
All’interno dei locali dell’Eliseo, si è trattata, invece, di una data da brividi e notti insonni. A turbare il sonno di Macron è stata la circostanza che, per la prima volta in quasi 200 anni di colonialismo francese in Africa, quest’ultimo è stato messo in discussione da una moneta. Ed una simile agitazione, a ben vedere, travalica l’oceano fino a raggiungere anche il cuscino di Mr. Trump.
Il 29 giugno 2019 ad Abidjan, in Costa d’Avorio, si sono riuniti i rappresentanti quindici stati africani, tra cui Costa d’Avorio, Senegal, Benin, Burkina Faso, Guinea Bissau, Mali, Niger e Nigeria. Tale evento ha avuto lo scopo di ufficializzare la nascita di una nuova moneta tutta made in Africa, che sarà denominata ECO e, salvo imprevisti, debutterà nel gennaio 2020. Questa valuta, nei suoi intenti, servirà un mercato attuale di 385 milioni di persone e sarà probabilmente legata alla valuta cinese Renminbi, data la necessità di presentarsi come valuta stabile sui mercati.
A ruota il Presidente della Repubblica francese Macron, l’11 luglio 2019, ha rilasciato un fulmineo comunicato stampa, invitando gli stati transfughi dall’area Franco CFA a fare marcia indietro ed a rientrare immediatamente nei ranghi. I toni, suadenti e calmi, ammonivano però i “fuggitivi” sul fatto che il Franco CFA resterebbe una moneta più salutare per le economie africane rispetto alla nuova ECO.
Viene però da domandarsi come si possa definite il Franco CFA una moneta salutare quando la sua storia è macchiata di sangue. Il contegno colonialista della Francia ha portato in 13 stati africani ben 43 colpi di stato, con 22 presidenti assassinati o misteriosamente scomparsi. L’area economica CFA regala ogni anno alle casse della Banca di Francia quasi 500 miliardi di euro: per di più soldi facili che non vengono rendicontati ai relativi proprietari africani. Peraltro, anche qualora vi fosse necessità di una restituzione, essa sarebbe comunque impedita dalle innumerevoli clausole vessatorie imposte dal Governo francese. Si tratta – si badi – di soldi stampati in Francia e dai quali la medesima Francia riceve una commissione del 25 % sul valore prodotto.
E gli Stati Uniti? La risposta è immediata: chi mai avrà il coraggio di andare a dire al Presidente Trump che la nuova ECO non è legata al dollaro ma alla valuta cinese?
Ma non è tutto oro quello che luccica. Più di qualche politico e analista economico ha invero espresso dubbi su questa nuova esperienza d’indipendenza economica africana, stimando che la strada per la sua realizzazione si rivelerà tutta in salita. Non è infatti inverosimile immaginare una qualche forma di reazione delle potenze escluse, con conseguente pericolo di recrudescenza di guerre, colpi di stato e successive ondate migratorie di poveri profughi disgraziati.