“E’ un incubo: non sono un aguzzino, quell’uomo non l’ho torturato e ho le prove”

Parla Andrea Pellegrini, il poliziotto a processo per condotte violente contro Hasib Omerovic, precipitato dalla finestra a Roma durante un’ispezione: “Le foto con data e ora testimoniano che il 41enne stava bene”.

ROMA – “Sono più di due anni che la mia vita è stata stravolta da accuse false e infondate. Io vivo in un incubo, mia figlia a 9 anni mi chiede spiegazioni perché mi sente piangere in bagno. Ora basta, voglio reagire e dimostrare la mia innocenza in aula”. Queste sono le parole di Andrea Pellegrini, già assistente capo del commissariato Primavalle, sospeso dal servizio perché accusato, fra l’altro, di tortura in danno di Hasib Omerovic, bosniaco di 41 anni, precipitato dalla finestra dell’abitazione di via Gerolamo Aleandro, a Roma, il 25 luglio 2022 durante un’ispezione di polizia.

La finestra da dove è precipitato Hasib

Il 25 ottobre scorso l’uomo, insieme ai colleghi Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, è comparso in udienza preliminare per rispondere anche dell’accusa di falso. Gli agenti Sicuranza e Natale hanno optato per il rito abbreviato che dispone, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena. A settembre invece un quarto indagato, Fabrizio Ferrari, che ha collaborato alla delicata inchiesta, ha patteggiato una pena a 11 mesi e 16 giorni di reclusione. Tra le parti civili, oltre ai genitori dell’uomo rimasto in coma per mesi e tuttora affetto dai postumi di quella terribile esperienza, la sorella Sonita, disabile e unica testimone oculare dei fatti, il fratello minore e l’associazione 21 luglio che si è schierata da subito con la famiglia Omerovic convincendola a denunciare quanto accaduto.

Nella medesima udienza il Ministero dell’Interno è stato indicato dal Gup di Roma come presunto responsabile civile nel processo a carico dei tre poliziotti. Pellegrini, durante gli interrogatori, ha sempre reiterato la sua verità dei fatti:

La vittima in ospedale subito dopo la caduta

” Quel giorno ero di turno la mattina – racconta il poliziotto – il mio dirigente ha chiesto di identificare un nomade che stava creando preoccupazione tra i residenti, un personaggio noto nel quartiere perché andava in giro per i secchioni della spazzatura e molestava le persone. Non avendo ottenuto informazioni precise su di lui, insieme al collega Fabrizio Ferrari, siamo riusciti a risalire all’appartamento dove viveva e, con gli agenti Sicuranza e Natale, arrivati in ausilio, siamo entrati. All’interno c’era anche una ragazza, la sorella di Hasib, e abbiamo chiesto alla collega che era insieme a me, a Ferrari e Sicuranza, di restarle accanto durante le operazioni. Non vedendo altri, e poiché ci avevano detto che c’era un bambino in casa, ho fatto da solo un giro nell’appartamento. Da subito, dovendo procedere alla sua identificazione, ho scattato diverse foto a Omerovic durante la permanenza in casa. Sono proprio queste, tutte con data e ora, che più di ogni cosa mi auguro potranno documentare la mia innocenza…”.

Due delle foto prodotte dal poliziotto accusato di torture

Nelle immagini scattate dall’imputato, e che riprendono la successione degli accadimenti dall’ingresso dei poliziotti nello stabile sino all’uscita, si vede la vittima in stato di tranquillità mentre fuma una sigaretta. Sono circa le 12.15 e Omerovic si trova in camera da letto, in piedi, a torso nudo e con i pantaloni:

“Ha una sigaretta accesa nella mano sinistra, l’altra la porta vicina al volto – spiega PellegriniNon appare sconvolto né sono visibili segni di presunti schiaffi. Alle 12.16, in atteggiamento tranquillo e con il mio collega accanto, mostra i documenti richiesti. Tra lo scatto delle 12.16, per 4 minuti circa, non ho avuto contatti con Omerovic e solo quando ho aperto la porta i due colleghi sono entrati e lui si è seduto. Nessuno lo ha forzato, non era agitato. La storia è stata raccontata come se fossimo stati ore nell’appartamento, quando dalle foto è evidente che ci siamo rimasti in tutto 9 minuti“.

I genitori di Hasib chiedono la verità

Alle 12.21 Omerovic sarebbe stato fotografato seduto, non legato, e privo di lesioni. Subito dopo i poliziotti sarebbero usciti dalla stanza e avrebbero sentito, repentinamente, il rumore della tapparella che si alzava. L’agente Ferrari sarebbe tornato nella stanza giusto in tempo per vedere Omerovic lanciarsi nel vuoto. Per i Pm i poliziotti avrebbero posto in essere il compimento di plurime e gravi condotte di violenza e minaccia, che cagionavano all’uomo un verificabile trauma psichico tale da indurlo a gettarsi dalla finestra nel tentativo di sottrarsi alle condotte violente e minacciose operate dagli agenti. La prossima udienza è prevista per il 21 febbraio 2025.

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