La leggenda della befana non sembra in realtà del tutto scollegata dalla narrazione cristiana della festa. Ma in ogni regione d’Italia e in ogni Paese d’Europa le tradizioni divergono tra loro.
L’epifania (dal greco ἐπιφάνεια, “manifestazione, apparizione”) è una festa cristiana, anche se l’usanza di celebrare una festa dodici notti dopo il solstizio invernale aveva in realtà origini pagane, ed era già diffusa tra gli antichi Romani.
Si tratta, per la tradizione contemporanea, del giorno in cui, seguendo la stella cometa, i Re Magi arrivarono a omaggiare Gesù appena nato, facendogli dono di oro, incenso e mirra: una ricorrenza che risalirebbe addirittura al secondo secolo dopo Cristo. In molti però si potrebbero domandare che cosa accomuni l’avvento dei Magi alla celebre vecchina, che è ormai diventato il vero simbolo di questa festività.
La leggenda della befana non sembra in realtà del tutto scollegata dalla narrazione cristiana della festa. Infatti i Re Magi, nel corso del loro tragitto, sarebbero stati via via accompagnati da una folla sempre crescente di cittadini e viandanti, che accorrevano per conoscerli e unirsi al loro tragitto. Ci fu solamente una vecchietta che in un primo tempo avrebbe voluto seguirli, ma che all’ultimo minuto cambiò idea. Il giorno dopo, pentita, cercò di raggiungere i Magi, ormai già troppo distanti. Per questo la vecchina non riuscì a vedere Gesù Bambino, né quella volta né mai. Da allora ella, nella notte fra il cinque e il sei gennaio, volando su una scopa con un sacco sulle spalle, passa per le case a portare ai bambini buoni i doni che non è riuscita a portare a Gesù.
Come spesso accade, quando le ricorrenze religiose si trasformano in fenomeni popolari, fioriscono miti e leggende, anche di matrice locale. In Emilia Romagna, ad esempio, si dice che nella notte dell’Epifania le mura diventino ricotta. A Palermo si racconta che i Magi attraversarono l’isola e fecero fiorire per incanto degli aranceti bruciati da una nevicata. Nelle Marche e in Abruzzo si narra che nel giorno della Befana gli animali si mettano a parlare in gran segreto.
In Toscana, durante la notte dell’epifania, i contadini infilano la testa sotto la cappa del camino cercando di vedere le stelle: solo se ci riescono possono stappare il vino nuovo perché l’annata sarà buona. In Calabria, invece, le ragazze, la notte della vigilia, prima di addormentarsi, recitano una canzoncina: se sogneranno una chiesa in festa o un giardino fiorito sarà per loro un anno fortunato, altrimenti… meglio aspettare l’anno dopo.
Anche in Europa fioriscono le varianti. In Spagna, ad esempio, la sera del 5 gennaio i bambini attendono i doni dei Magi e mettono davanti alla porta un bicchiere d’acqua per i cammelli assetati. In Russia la befana si chiama “Babuschka”, ed è una vecchina che, accompagnata da Padre Gelo, distribuisce regali a tutti i bambini. In Islanda, infine, il 6 gennaio viene chiamato il tredicesimo, perché da Natale fino a questa data trascorrono tredici giorni. I festeggiamenti iniziano con una fiaccolata, alla quale partecipano anche il re e la regina degli elfi. A metà strada arriva anche l’ultimo dei Babbo Natale (a quanto pare in Islanda i Babbo Natale sono più di uno).
Una cosa però è certa: la befana è una vecchina e non è una strega, come erroneamente viene talvolta rappresentata. Indossa uno scialle annodato di stoffa pesante (la cosiddetta pezzóla) o uno sciarpone di lana, di certo non un cappello magico.
Il suo aspetto, col viso grinzoso, un naso prominente e la schiena ricurva, si deve alla raffigurazione simbolica dell’anno vecchio che ci si appresta a bruciare, così come accadeva in alcuni Paesi europei, dove si seguiva la tradizione di dare fuoco, all’inizio dell’anno, a fantocci vestiti di abiti logori. In molte parti d’Italia, l’uso di bruciare o di segare un fantoccio a forma di vecchia rientrava tra i riti di fine Quaresima.