E’ duro fare il proprio dovere, in tutti i sensi

I due carabinieri avevano fermato al vittima per impedirgli di avvicinarsi all’abitazione dell’ex moglie a seguito di un provvedimento a tutela della donna. Poi l’uomo aveva travolto con l’auto uno dei due militari ferendolo gravemente. Il collega, vedendo lo stalker armato di coltello, faceva fuoco per evitare il peggio. Un morto, un ferito grave e un militare sotto inchiesta.

PADOVA – Sta molto meglio il carabiniere travolto con l’auto da Haxhi Collaku, 55 anni di origini albanesi, poi morto ammazzato dal collega del militare durante un controllo di polizia. La drammatica vicenda si era consumata il 14 luglio scorso in vicolo Castelfidardo, quartiere Sacra Famiglia, in pieno centro storico della città di Sant’Antonio. Una pattuglia di carabinieri, allertata dalla ex consorte, aveva fermato l’uomo poiché quest’ultimo aveva violato il divieto di avvicinamento all’abitazione dell’ex moglie a seguito di un provvedimento giudiziario per stalking.

Haxhi Collaku

L’uomo, padre di una ragazzina, non rispettando la misura cautelare era stato bloccato dai militari che dopo l’identificazione stavano procedendo alla redazione del verbale. Nel frattempo l’uomo, in maniera repentina, fuggiva in direzione della sua automobile e una volta a bordo accendeva il motore, ingranava la marcia, e dirigeva l’auto contro i carabinieri. Dopo aver investito uno dei militari, Collaku scendeva dalla vettura con un coltello in pugno nel tentativo di assalire il militare investito.

Alla vista della lama il collega del carabiniere ferito avrebbe sparato con la sua pistola d’ordinanza contro l’uomo colpendolo in diverse parti del corpo. Sul posto, chiamati dagli stessi carabinieri, giungevano altre pattuglie di militari ed i soccorritori del 118 che trasferivano l’albanese nel reparto di rianimazione del locale nosocomio in condizioni assai precarie. I medici dopo alcune ore di tentativi non riuscivano a strapparlo alla morte attesa la gravità delle ferite riportate.

I rilievi del tragico evento

Finiva in ospedale anche il vicebrigadiere Marco Scuderi per le gravi lesioni ad una gamba provocate dal forte impatto contro il veicolo della vittima. All’epoca dei fatti il comandante del locale Nucleo operativo dell’Arma aveva cosi sintetizzato il susseguirsi dei tragici accadimenti:

”L’uomo è stato identificato e invitato a lasciare la zona di residenza dell’ex moglie – spiegava il tenente colonnello Gaetano La Rocca – Sembrava intenzionato ad accogliere l’invito, salvo poi montare in macchina, inserire la retromarcia, la prima e investire un militare che è stato schiacciato, riportando gravi ferite alla gamba. A quel punto è uscito dall’auto e si è scagliato con un coltello in mano contro di lui. Per salvare la vita, il collega ha sparato i quattro colpi”.

Dunque un carabiniere finiva in un letto d’ospedale mentre l’altro siederà sul banco degli imputati per rispondere di eccesso colposo di legittima difesa. Il primo militare se l’é cavata ed ha ricevuto la solidarietà, oltre che la visita in ospedale, del ministro per le Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa Elisabetta Casellati e del prefetto di Padova Francesco Messina:

Marco Scuderi con il ministro Casellati

”Le prime parole che mi ha detto il vicebrigadiere Scuderi sono state: ministro io non mollo – racconta Casellati – Parole cariche di significato che rendono l’idea di come i tutori dell’ordine vivano il loro lavoro come una missione a tutela della sicurezza della collettività. Ha subito tre delicate operazioni, non è ancora pronto per mettersi in piedi, ma ha voluto farmi capire che quanto prima vorrà tornare ad indossare la sua divisa…”.

Il ministro Casellati non ha dimenticato l’altro carabiniere, quello che suo malgrado è stato costretto a sparare:

”Ha salvato la vita di un collega – ha proseguito Casellati – molto probabilmente ha scongiurato un altro femminicidio. Lo Stato è con lui e non smetterà mai di ringraziare questi ragazzi che ogni giorno si spendono per garantire una nazione più sicura. Senza questi ragazzi, senza le forze dell’ordine, Padova non sarebbe sicura…Siamo di fronte a due eroi, a cui dobbiamo dire solo una parola: grazie”.

Il ministro Casellati con il prefetto Francesco Messina in visita al carabiniere ferito

I due carabinieri saranno pure eroi, lo Stato ed i cittadini avranno pure bisogno di loro ma poi, alla fine della storia, un militare dovrà sostenere un processo per aver estratto l’arma dalla fondina per poi usarla contro un uomo armato di coltello:Restiamo esterrefatti nell’assistere a ciò che sta accadendo – dice Antonio Nicolosi, segretario generale del sindacato UnarmaCi chiediamo perché dotarci di pistola se poi quando viene usata per difendere un collega che stava per essere ucciso comporta lunghi processi e danni alle famiglie che vivono un continuo disagio…”.

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