Dossieraggio: richiesta d’arresto per Striano e ex pm Laudati, ma il gip dice no

Il procuratore Raffaele Cantone, ha chiesto per i due i domiciliari: ora ha fatto appello contro la decisione. Si attende il Riesame.

Roma –  La procura di Perugia ha chiesto l’arresto dell’ex pm Antonio Laudati e del tenente della Gdf
Pasquale Striano nell’indagine sui dossieraggi confezionati attraverso accessi non autorizzati alla banca dati della Dia, ma il gip ha rigettato l’istanza. La notizia, anticipata da ‘La Verità’, è stata confermata all’Ansa. Alla luce della decisione del gip, la procura ha fatto ricorso al Riesame a metà luglio e l’udienza è stata fissata per il 23 settembre. Nel rigettare la richiesta, il gip avrebbe confermato i gravi indizi di colpevolezza ma non le altre esigenze cautelari. Le indagini non sono concluse e ci sono accertamenti in corso.

Ma l’avvocato Andrea Castaldo, difensore dell’ex sostituto procuratore Antonio Laudati, sottolinea che a seguito delle “notizie apparse su diversi organi di stampa, peraltro riportanti inesattezze, e delle richieste
pervenutemi di informazioni e conferme, preciso che, almeno allo stato, non si intende rilasciare alcuna dichiarazione né diffondere atti, a tutela del consigliere Laudati e del doveroso rispetto per l’attuale fase del procedimento”. Il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, aveva chiesto gli arresti domiciliari per l’ex sostituto procuratore Laudati, oggi in pensione, ma il gip ha rigettato l’istanza non ritenendo sussistenti le esigenze, evidentemente non ravvisando né pericoli di fuga, di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove (le investigazioni sono concluse)”.  

Antonio Laudati

Ma Cantone, secondo quanto riferisce lo stesso giornale, “ha fatto appello. Adesso il Tribunale del riesame dovrà valutare la richiesta in un’udienza. Tre giudici dovranno decidere chi abbia ragione tra il procuratore e il gip”. L’appello davanti al Riesame si terrà a fine mese. I difensori di Laudati e Striano, “rispettivamente Andrea Castaldo e Massimo Clemente, hanno entrambi evitato di commentare diffusamente e a caldo la decisione, ma hanno bollato come ‘abnorme’ la richiesta”. A marzo il sostituto procuratore antimafia si era avvalso della facoltà di non rispondere, nell’interrogatorio in Procura a Perugia, nell’ambito dell’indagine sui presunti accessi abusivi alle banche dati del suo ufficio, compiuti dal tenente della Gdf Pasquale Striano.

“Dopo la massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio, ritengo che non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell’interrogatorio, peraltro ampiamente preannunciato dalla stampa, per esercitare concretamente il diritto di difesa e per fornire un contributo alla ricostruzione dei fatti” aveva spiegato il magistrato. In una nota diffusa attraverso il legale, inoltre, Laudati ha chiarito che “nei casi contestati nell’invito a comparire, mi sono limitato a delegare al gruppo Sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo”.

Nel comunicato veniva poi spiegato: “È in atto un ampio dibattito su tutti i media nazionali, in cui mi vengono attribuiti fatti gravissimi (e sicuramente diffamatori) che risultano completamente differenti dalle contestazioni indicate nell’invito a comparire, notificatomi il 26 febbraio, soprattutto diversi dalla realtà che conosco”. “Tutti gli accertamenti – aveva detto ancora Laudati – erano determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell’Ufficio, e riguardano persone da me non conosciute e rispetto alle quali non avevo alcun interesse personale né alcun intento di danneggiare. Non rientrava tra i miei compiti di sostituto procuratore quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati. Appena avrò la possibilità di conoscere formalmente gli atti, non mi sottrarrò alla esigenza di fornire tutti i chiarimenti necessari per l’accertamento della verità, la piena correttezza del mio operato e affermazione della giustizia, nella quale credo fermamente” concludeva la nota.

Numeri di una mole “mostruosa” ed “inquietante”: una sorta di “verminaio”. In commissione parlamentare Antimafia il procuratore Raffaele Cantone aveva svelato la portata di un’indagine ben più ampia del dossieraggio sotto la lente della Procura di Perugia. Più ampia perché ci sono altri accessi abusivi alle banche dati sono avvenuti nonostante l’inchiesta, con nuovi spioni che alimentano il mercato delle ‘Segnalazioni di operazioni sospette’. Una questione che va oltre l’indagine aperta sul finanziere Pasquale Striano, l’uomo da cui muove il caso dei presunti dossieraggi, che in quasi quattro anni all’interno della banca dati Siva ha consultato 4.124 ‘Sos’, digitando il nominativo di 1.531 persone: considerato il resto delle consultazioni alle altre banche dati, si arriva ad oltre diecimila accessi, ma il “numero è destinato a crescere ulteriormente in modo significativo”. I download sono persino il triplo: il finanziere ha scaricato 33.528 file dai sistemi della direzione nazionale Antimafia, per la quale prestava servizio.

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