Il procuratore Antimafia dopo lo scandalo degli accessi abusivi: “Credo che le azioni di Striano non siano individuali”.
Roma – Un “fatto di una gravità estrema”, quasi tutti gli accessi convergono verso un’unica direzione: una “determinata area politica che era quella che andava formando l’attuale maggioranza e il governo”. Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo – ascoltato in audizione in Commissione antimafia sul caso dei dossieraggi nei confronti di politici e vip su cui sta indagando la procura di Perugia – punta il dito contro i tentativi di strumentalizzazione dell’indagine che “incrinano l’immagine” del suo ufficio.
Ma allo stesso tempo rivela le sue convinzioni su eventuali complici di Pasquale Striano, il finanziere indagato, facendo trasparire i timori per una regia occulta dei presunti dossieraggi: le sue condotte “mi paiono difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale”. E dunque, è la logica conclusione del procuratore antimafia, “uno dei punti centrali sarà comprendere il suo sistema di relazioni”.
“Speculazioni” e “disinformazione” sulla vicenda, falle nel sistema della sicurezza informatica e la minaccia esistente di un mercato parallelo di informazioni riservate, sono alcune delle denunce di Melillo nella sua audizione fiume in Commissione parlamentare antimafia, durata circa quasi cinque ore, alla quale lui stesso aveva chiesto di essere ascoltato, così come il titolare dell’inchiesta Raffale Cantone. Oggi entrambi verranno auditi al Copasir.
Molti di quei dati carpiti da Striano, ha spiegato dunque il procuratore, “non erano stati esfiltrati solo dalla nostra banda dati, che è ben lontana dall’essere un buco nero, ma anche da altri sistemi (tra questi il ‘Serpico‘ dell’Agenzia delle Entrate che serve a controllare i redditi, il ‘Siva’, che serve a controllare operazioni finanziarie anomale)”. Il suo ufficio non è dunque “un colabrodo, ricordo che i sistemi infrastrutturali vengono assicurati dal ministero. E vi è una condizione generale della quale bisogna occuparsi”, spiega sottolineando che avremmo dovuto “assicurarci in tempo di sistemi di sicurezza della Giustizia” e mettendo in discussione “anche le sicurezze di impianti digitali non meno importanti delle cosiddette ‘Sos’, utilizzati per i cosiddetti dossieraggi”.
Da qui la difesa delle ‘Segnalazioni di operazioni sospette’ (le ‘Sos’ appunto, alcune delle quali utilizzate abusivamente da Striano secondo l’inchiesta), che “sono strumenti essenziali contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Sono strumenti delicatissimi, contengono dati, notizie e informazioni in grado di profilare chiunque e di rivelare la natura delle nostre relazioni personali e sociali: da questo deriva che il loro uso deve essere rigoroso”. Anche per questo – sottolinea Melillo – bisogna “valutare l’adeguatezza degli attuali strumenti legislativi tecnologici e gli assetti della pubblica amministrazione necessari per assicurare la tutela del segreto d’ufficio”.
Tutto questo per combattere quel “mercato parallelo di informazioni riservate” e capire se “è regolato da casualità, frutto magari solo della debolezza dei sistemi digitali che le contengono, o se ci sono logiche più sofisticate e ampie”. Ad ascoltare Melillo, tra i parlamentari, c’è anche il suo predecessore Federico Cafiero de Raho, che è ora vicepresidente della Commissione: all’epoca dei reati commessi da Striano era lui il procuratore capo della Dna, oggi deputato del Movimento Cinque Stelle.
“È un mio diritto da parlamentare esserci”, ha spiegato de Raho arrivando a Palazzo San Macuto e replicando indirettamente all’altro vicepresidente, Mauro D’Attis, il quale aveva chiesto, assieme ad altri colleghi, nei giorni scorsi che de Raho si astenesse dal presenziare all’audizione di Melillo perché “all’epoca dei fatti era alla Procura nazionale antimafia”. Mentre un altro membro, Raffaella Paita di Italia Viva, ha annunciato la richiesta di un’audizione dello stesso de Raho.
E per una volta, in modo trasversale tutti i partiti si dicono molto preoccupati della situazione. “Dall’audizione del dottor Melillo emerge chiaramente che non siamo in presenza di un semplice curioso, ma di una persona intervenuta soprattutto nel mondo politico, ma non solo”, commenta Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. “Vi è una regia e dei mandanti che si devono individuare e punire, come chiede anche l’opposizione, perché non si ripeta quanto accaduto”.
I membri dem della commissione Antimafia Walter Verini, Debora Serracchiani, Vincenza Rando, Franco Mirabelli, Andrea Orlando, Giuseppe Provenzano, Anthony Barbagallo e Valeria Valente giudicano la vicenda di inaudita gravità. E sottolineano: “l’audizione ha confermato come organismi quali la Direzione Nazionale Antimafia, colpiti da questi gravi comportamenti illeciti, abbiano in sé la forza e la solidità per intervenire, prevenire e colpire gli abusi, rafforzare la sicurezza degli apparati. Per questo, anche alla luce delle parole di Melillo, che ha parlato di ‘polemiche scomposte per incrinare e delegittimare l’immagine della Direzione Antimafia’ appaiono gravi e da respingere interventi che possono indebolire un fondamentale presidio di contrasto alle mafie come la DNA, che in questa vicenda è stata colpita da comportamenti sleali e infedeli”