Il caso del penitenziario abruzzese è solo la punta dell’iceberg del fenomeno: il tariffario, fino a 1.000 euro per introdurre uno smartphone.
Sulmona – Gli agenti di polizia penitenziaria hanno scoperto dieci telefoni cellulari in altrettanti giorni nel carcere di massima sicurezza abruzzese. Sono stati effettuati controlli a tappeto all’interno della struttura dove, da gennaio a oggi, sono circa 70 i device sequestrati dai baschi blu. Lo scorso aprile i carabinieri avevano fermato due napoletani, intenti a spacciare telefoni nell’area del penitenziario. Agenti penitenziari della struttura denunciano che i detenuti sorpresi con i telefoni dietro le sbarre non sono stati ancora trasferiti. I detenuti utilizzano questi dispositivi per comunicare con il mondo esterno, aggirando sistemi di sorveglianza, e ciò desta preoccupazione non solo per la sicurezza interna, ma anche per quella esterna.
E il fatto che i detenuti non vengano trasferiti dopo la scoperta di telefoni cellulari solleva ulteriori domande circa l’efficacia delle misure adottate per scoraggiare il loro utilizzo. La mancanza di sanzioni adeguate potrebbe incentivare ulteriormente comportamenti illeciti, creando un circolo vizioso. “A Sulmona – osserva il sindacalista Mauro Nardella – non è stato implementato un sistema volto a disturbare la frequenza dei dispositivi tecnologici, così da evitare di farli entrare con l’utilizzo di droni e di farli smettere di funzionare. Un modo per renderli quanto meno innocui dal punto di vista comunicativo”. Non è la prima volta che in questo carcere spuntano cellulari o micro cellulari. Tra il 2022 e il 2023 ne erano stati sequestrati una ventina.
Lo scorso 13 febbraio, nel perimetro del carcere, gli agenti avevano trovato un sacco con otto telefoni e duecento grammi di hashish. I dispositivi erano stati recapitati tramite drone. Per questo il carcere di Sulmona era finito nei mesi scorsi nell’inchiesta della Dda di Napoli. Il Ministero sta valutando di schermare la struttura. Solo pochi giorni fa, altri cinque cellulari sono stati trovati dalla polizia penitenziaria nei reparti detentivi del carcere di Bologna. A darne notizia era stato il vice segretario regionale del Sappe, Francesco Borrelli. Un mese fa, sempre nel penitenziario bolognese il ritrovamento di altri telefonini. Attraverso un’operazione della Polizia penitenziaria erano stati scoperti oltre dieci apparecchi in possesso di detenuti ristretti nelle sezioni del circuito ad ‘alta sicurezza’.
Lo scenario nazionale è spaventoso: nel 2023 fonti Dap hanno svelato che sono stati sequestrati in totale 3606 telefonini nei penitenziari da Nord a Sud. L’emergenza è nazionale, attraversa l’intero sistema penitenziario italiano. In ogni carcere “si annidano una media di 100 telefonini, entrano tramite droni ipertecnologici insieme a droga e armi. Con quei cellulari – ricorda Gratteri, “i boss continuano a impartire ordini all’esterno, a minacciare, ad eludere la detenzione. A Gratteri non sfugge neppure il tariffario delle vendite dietro le sbarre. Le mafie lucrano anche su questo traffico, con tanto di prezzi: 1.000 euro “per introdurre uno smartphone, 250 euro una sim”.