Dibattito Trump-Harris, dall’aborto ai migranti: i temi chiave della sfida

Il tycoon e la candidata dem si sono affrontati a Philadelphia, in un’ora e mezza di faccia a faccia televisivo tra tensioni e scivoloni.

Philadelfia – Nessun affondo da ko, qualche scivolone e momenti di tensione, sicuramente visioni, toni e stili diversi. Il primo (e forse unico) dibattito televisivo tra Kamala Harris e Donald Trump è andato in scena nella città statunitense, città simbolo della democrazia americana e centro dello Stato in bilico più cruciale per la conquista della Casa Bianca. Tanti i temi toccati in un’ora e mezza di dibattito, dall’Ucraina alla guerra a Gaza passando per il diritto all’aborto, l’immigrazione e l’Afghanistan. Un duello andato in scena prima del secondo tentativo di attentato a Trump, che poi ha addossato le colpe ai rivali. Ryan Wesley Routh, l’uomo che avrebbe voluto sparargli “ha creduto alla retorica di Joe Biden e Kamala Harris e l’ha messa in atto”.

Donald Trump, dopo l’attentato potenziale evitato grazie all’intervento del Secret Service, ha accusato senza mezzi termini il presidente e la vice presidente candidata alla Casa Bianca. Sono loro, dice il candidato repubblicano alle elezioni del 5 novembre, ad aver mosso con i loro attacchi verbali la mano di Routh, il 58enne fermato ieri in Florida. Ma tornando indietro nella pellicola a quel primo dibattito e concentrandoci sui temi sviscerati, quel faccia a faccia ha messo a confronto due mondi opposti, in un’ora e mezzo di scontro che però non è mai degradato, nonostante un paio di momenti in cui Trump ha perso il controllo. Harris ha deciso di attaccare fin dall’inizio, quando nella prima mezz’ora statisticamente si forma l’opinione dei telespettatori: prima ha scelto di attraversare il palco e di andare incontro al suo avversario, per stringergli la mano. E Trump è rimasto per un momento sorpreso. Poi è cominciata la schermaglia.

La sfida per la corsa alla Casa Bianca

“Questo governo è stato un disastro“, ha attaccato il tycoon. Harris invece ha puntato a ridicolizzare il suo avversario, accusandolo di “aver svenduto l’America in cambio di lusinghe” al presidente russo Vladimir Putin. “I leader del mondo ti considerano un disastro”, ha aggiunto con una punta di veleno la vicepresidente. Trump ha risposto citando il premier ungherese Viktor Orbán come suo estimatore, segnando un punto basso, considerato che si tratta di un leader minore e controverso in Europa. Nel complesso Harris è riuscita a mettere all’angolo il suo avversario in diversi momenti, con calma e determinazione ma anche rubandogli alcune delle sue espressioni più colorite e aggressive. Come quando lo ha accusato di “aver venduto gli Stati Uniti alla Cina” con la sua politica dei chips; o quando lo ha accusato di essere amico di dittatori come Vladimir Putin e Kim Jong-un che “fanno il tifo per lui perché lo possono manipolare“.

Con il leader nordcoreano “si scriveva lettere d’amore”, ha detto sarcastica. E l’amicizia con il leader del Cremlino è stato uno dei temi di politica estera sul quale la vicepresidente ha attaccato più duramente. “Se Trump fosse presidente, Putin sarebbe seduto a Kiev con gli occhi puntati sull’Europa”, ha incalzato la democratica provocando il tycoon e dichiarando che “i leader stranieri gli ridono dietro. Sei amico di un dittatore che ti si mangerebbe a colazione”. Sulle crisi internazionali Trump è stato più duro: “Lei – ha detto, rivolgendosi alla sua avversaria – odia Israele, se diventa presidente nel giro di due anni Israele sparirà”.

Tutti concentrati sul dibattito tv

Poi ha messo a segno un punto, quando ha promesso che da presidente “telefonerò a uno e all’altro”, cioè al presidente russo Vladimir Putin e a quello ucraino Volodymyr Zelensky per trovare un accordo. “L’interesse dell’America – ha detto Trump – è mettere fine alla guerra“. Il tycoon ha parlato di milioni di bambini morti, e non è chiaro se si riferisse all’Ucraina. Forse, correggendosi, ha poi detto: “I numeri dell’Ucraina sono molto più grossi di quelli che circolano”. Il tycon ha anche provato a mettere in difficoltà la sua avversaria sul ritiro dall’Afghanistan, nota dolente dell’amministrazione Biden, ma anche in quel caso Kamala Harris si è smarcata ricordando che fu il tycoon a concludere un accordo disastroso, invitando persino i talebani a Camp David, luogo sacro degli Stati Uniti.

Il tema dell’aborto è stato uno di quelli su cui Trump è uscito probabilmente dai binari su cui il suo staff pensava di mantenerlo. Secondo Harris “il governo e soprattutto Donald Trump non dovrebbero dire a una donna cosa fare con il suo corpo“, mentre il tycoon è scivolato affermando che i democratici vogliono consentire l’aborto nel “nono mese” di gravidanza e confondendo la Virginia con la West Virginia. Un’accusa che ha provocato la reazione di uno dei due moderatori, la giornalista Linsey Davis, che ha ricordato come l’interruzione di gravidanza al nono mese non sia permessa in nessuno Stato d’America.

Infine il tema dell’immigrazione clandestina è stato un altro di quelli tosti. Trump ha rilanciato la falsa teoria cospirativa secondo cui in Ohio gli immigrati clandestini haitiani rubano cani e gatti per mangiarseli, e Muir ha dovuto smentirlo tramite fact checking. Scivoloni che possono aver fatto felici i democratici, ma che potrebbero non aver cambiato molto lo scenario. Trump è sembrato più interessato a parlare ai suoi elettori e a ripetere davanti a milioni di americani le accuse che lancia a ogni comizio. I suoi concetti sono apparsi più semplici e più diretti, anche se come al solito ha evitato di citare numeri ed entrare nei dettagli dei suoi progetti. Quando poi gli è stato chiesto della questione della “razza” di Harris non è riuscito a fare del tutto un passo indietro, liquidandola con un “non me ne potrebbe fregare di meno. Qualunque cosa voglia essere, per me va bene, decida lei”.

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