Imprenditore torinese detenuto in Venezuela: da novembre nessuna notizia di Mario Burlò

Il 52enne sarebbe stato arrestato appena messo piede in territorio venezuelano entrando via terra dalla Colombia.

Torino – Un imprenditore torinese, Mario Burlò, 52 anni, è detenuto in Venezuela dal 10 novembre 2024 ma da allora la famiglia non ha più avuto sue notizie. A lanciare l’allarme sono i suoi legali, Maurizio Basile del Foro di Torino e Benedetto Marzocchi Buratti di Roma, che in una dichiarazione a La Stampa hanno espresso “tutta la legittima angoscia della famiglia, dei figli che vogliono sapere dove si trova e come sta il padre”, sottolineando che Burlò non ha ancora avuto diritto nemmeno a una telefonata.

L’arresto è avvenuto mentre Burlò si trovava in territorio venezuelano, dove sarebbe entrato via terra dalla Colombia, in attesa della decisione della Cassazione che, pochi mesi dopo, lo ha assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “Carminus”, che in precedenza lo aveva visto condannato a sette anni.

La notizia della detenzione è emersa solo recentemente, in modo del tutto casuale. Durante un’udienza a Torino, dove Burlò è imputato per un’altra vicenda legata a presunte indebite compensazioni di crediti IVA e IRPEF, la presidente del collegio giudicante si è vista consegnare una nota diplomatica proveniente dal Consolato italiano a Caracas, intitolata: “Detenzione di Burlò Mario in Venezuela”.

I familiari, appresa la notizia solo in quel momento, hanno immediatamente presentato un esposto alla Procura di Roma il 30 marzo. La Procura, che ha competenza sugli italiani detenuti all’estero, ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati, avviando accertamenti sulle circostanze della detenzione.

Secondo gli avvocati, non è da escludere che fattori geopolitici possano ostacolare la comunicazione. “Lo stato delle relazioni diplomatiche tra Italia e Venezuela è molto delicato”, spiegano, anche alla luce del disconoscimento delle elezioni venezuelane del 2023 da parte di diversi Paesi europei. Una situazione che potrebbe spiegare anche il silenzio istituzionale intorno a casi simili, che riguardano altri detenuti italiani ed europei.

L’assenza totale di notizie da oltre otto mesi, in un Paese con un sistema penitenziario noto per le sue gravi criticità, preoccupa profondamente i familiari. I legali annunciano che continueranno a fare pressione sui canali diplomatici, chiedendo un intervento diretto del Ministero degli Esteri.

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