Desertificazione marina, l’allarme dell’Enea: oceani sempre più poveri di vita

In 20 anni le aree oceaniche senza nutrienti e biodiversità sono quasi raddoppiate. Il fitoplancton cala, la CO₂ resta: e i leader mondiali guardano altrove.

La notizia è stata diffusa dall’ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata, una delle principali agenzie di stampa in Italia) che si sta trasformando in… ANSIA per il lettore a causa di informazioni quasi sempre catastrofiche. Ma è la legge ferrea della cronaca a cui bisogna sottostare! Col cambiamento climatico è in aumento la desertificazione oceanica, ossia quel processo per cui le aree oceaniche si impoveriscono di nutrienti e biodiversità, diventando meno produttive.

Se la produttività del fitoplancton dovesse diminuire significativamente, ne risentirebbe non solo la catena alimentare marina, ma anche la capacità degli oceani di assorbire CO₂, con conseguenze sul riscaldamento globale. Il fitoplancton è la forma di vita vegetale più importante per gli ecosistemi acquatici. È composto da numerose specie di alghe unicellulari, invisibili a occhio nudo, che vivono in sospensione nelle acque, non solo marine, ma anche fluviali.

plastica il giornale polare
Oltre al cambiamento climatico, le specie marine si trovano a dover fronteggiare inquinamento e plastiche

Sull’argomento c’è uno studio a cura dell’Enea, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile. Lo studio, effettuato grazie ai dati satellitari, si è concentrato sulla quantità di fitoplancton tra il 1998 e il 2022 presente nelle correnti dell’Atlantico del Nord e Sud, Pacifico settentrionale e meridionale e nell’Oceano Indiano. Queste correnti si muovono in senso orario nell’emisfero settentrionale e antiorario nell’emisfero meridionale. Possono accumulare rifiuti plastici e inquinamento, formando le cosiddette “isole di spazzatura”. 

La desertificazione riguarda, soprattutto, l’Oceano Pacifico, ma sta aumentando anche nelle aree tropicali e subtropicali. Il killer è il riscaldamento globale per cui l’acqua più calda resta sulla parte superiore e non si miscela con l’acqua fredda sita in profondità e ricca di nutrienti. Questo processo produce meno alimentazione necessaria per l’aumento del fitoplancton, che si riversa sull’intera catena alimentare.

Un parametro che aiuta a comprendere lo stato di salute e dell’economicità del fitoplancton ed è stato identificato nella ridotta produzione di clorofilla

Esiste un parametro che aiuta a comprendere lo stato di salute e dell’economicità del fitoplancton ed è stato identificato nella ridotta produzione di clorofilla. Una sua massiccia esistenza sta a significare che la presenza del fitoplancton è copiosa. Si tratta di un pigmento di colore verde presente nelle piante e nelle alghe che permette loro di catturare l’energia luminosa del sole per la fotosintesi, un processo che converte la luce solare in energia chimica utilizzabile dalla pianta. In altre parole, la clorofilla è il “motore” della fotosintesi, trasformando l’energia solare in sostanze nutritive per la pianta. L’Enea ha, comunque, precisato che su quest’ultimo punto non vi è certezza, in quanto il fenomeno potrebbe non rappresentare un decremento del fitoplancton, ma un adeguamento alle mutate situazione frutto del cambiamento climatico.

In poco più di vent’anni, le regioni oceaniche più povere di nutrienti e biodiversità sono quasi raddoppiate, passando dal 2,4 al 4,5% della superficie globale. Il fatto, poi, che gli oceani potrebbero assorbire meno anidride carbonica (C02) di quello che fanno attualmente, è un grave danno per il pianeta e l’intera umanità. Ma l’aspetto più grave è la superficialità dei cosiddetti “grandi della terra” che stanno trascurando il problema, ma pensano ad investire ingenti risorse finanziarie nel riarmo associato all’Intelligenza Artificiale (IA). Forse desiderano incrementare i profitti delle imprese di “onoranze funebri”, dimenticando che potrebbe non esserci tempo!

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