La famiglia della 29enne uccisa con 37 coltellate al settimo mese di gravidanza chiede l’ergastolo. L’avvocato: “È la condanna che si merita”. Lui: “Ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere. Da quel giorno non vivo più”.
Milano – E’ iniziato, a Milano, il processo per il brutale omicidio di Giulia Tramontano, la 29enne incinta di 7 mesi uccisa il 27 maggio a Senago con 37 coltellate. Sul banco degli imputati il compagno Alessandro Impagnatiello, l’ex barman 31enne reo confesso, che si è presentato in aula con barba lunga, giaccone blu e jeans. Spostato nell’aula della Corte d’Assise d’Appello – troppi i giornalisti e i curiosi accalcati fuori -, l’uomo è stato accompagnato dagli agenti della polizia penitenziaria dentro la gabbia, è rimasto in silenzio e ha pianto.
In aula è presente tutta la famiglia della vittima a cominciare dalla sorella Chiara, che una settimana fa con un post sui social è tornata a chiedere giustizia per Giulia e il piccolo Thiago – così si sarebbe dovuto chiamare il piccolo che portava in grembo. Presenti anche papà Franco e mamma Loredana, insieme all’altro figlio, Mario, tutti seduti nel medesimo banco.
La famiglia di Giulia ha chiesto per Impagnatiello la condanna all’ergastolo, “la condanna che merita”, come ha detto l’avvocato Giovanni Cacciapuoti.
Il Comune di Senago si è costituito parte civile e ha nominato come avvocato ed ex pm Antonio Ingroia. “E’ una scelta importante e coraggiosa quella del Comune – ha detto Ingroia prima di entrare in aula – i cittadini di Senago sanno da che parte stare, si vuole incoraggiare tutti i Comuni di Italia a dimostrare che si sta dalla parte giusta”. È evidente, ha aggiunto l’ex pm siciliano, la “premeditazione lucida e spietata, è un esempio di brutalità”.
“Sto chiedendo unicamente a tante persone scusa ma non sarà mai abbastanza”, ha detto Impagnatiello nelle dichiarazioni in aula. Non appena ha iniziato a parlare Chiara, la sorella di Giulia, è uscita dall’aula, seguita poco dopo dal padre.
“Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile e da disumanità – ha aggiunto Impagnatiello -. Ero sconvolto e perso. Quel giorno ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere. Quel giorno anche io me ne sono andato, sono qui a parlare ma non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio e molto di più, non posso chiedere perdono”.
Laconica la replica di Giulia alle parole dell’omicida della sorella, pubblicata su un post di Instagram:
“Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto. Non puoi chiedere scusa se hai avvelenato mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendo la sua figura”.