I magistrati cercano ulteriori riscontri, oltre al Dna, che collochino Fortunato Verduci sulla scena dell’omicidio di Luigia Borrelli, uccisa in un basso del centro storico nel settembre del 1995.
Genova – Nuovi elementi, oltre al Dna, potrebbero rivelarsi decisivi per collocare Fortunato Verduci, il carrozziere indagato per l’omicidio della prostituta Luigia Borrelli, sulla scena del crimine. Il delitto risale al 5 settembre 1995, quando la donna fu brutalmente assassinata con un trapano in un basso nel centro storico di Genova. La Procura, guidata dalla pm Patrizia Petruzziello, ha riaperto i vecchi fascicoli e avviato nuove indagini, interrogando i testimoni dell’epoca e mostrando loro fotografie di Verduci.
Negli uffici degli inquirenti vengono convocati, a rotazione, i residenti dell’edificio di vico Indoratori, conoscenti della vittima e commercianti della zona. Sebbene alcuni testimoni siano ormai deceduti o molto anziani, gli investigatori sperano che qualcuno possa ricordare dettagli utili, come la presenza del carrozziere nel luogo del delitto.
La ricerca di testimonianze si affianca all’incidente probatorio fissato per il 2 dicembre, durante il quale verrà effettuato un nuovo prelievo di Dna in presenza della difesa. Questo passo è necessario poiché la precedente comparazione genetica era stata condotta senza informare l’imputato. La pm aveva già richiesto al giudice per le indagini preliminari, Alberto Lippini, l’autorizzazione per un prelievo coattivo. In caso di mancata presentazione di Verduci, i carabinieri potrebbero intervenire direttamente per condurlo in tribunale. I risultati della nuova analisi, attesi entro gennaio, saranno decisivi per la chiusura delle indagini e la probabile richiesta di rinvio a giudizio.
Il processo potrebbe iniziare in primavera, davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Massimo Cusatti. Verduci, che oggi ha 65 anni, sarà giudicato da uomo libero, poiché né il gip, né il tribunale del Riesame, né la Cassazione hanno ritenuto possibile disporre misure cautelari, considerando il lungo tempo trascorso dal reato. Pur sottolineando la solidità degli indizi a carico dell’imputato, definiti «granitici, precisi e univoci», i giudici hanno evidenziato che quasi tre decenni possono trasformare radicalmente una persona.
Secondo l’accusa, Verduci, afflitto da ludopatia e gravato da debiti, avrebbe ucciso Luigia Borrelli per rapinarla. Prima l’avrebbe picchiata con le mani e uno sgabello, per poi infierire con un trapano. L’uomo è stato identificato grazie a una traccia di sangue trovata sul luogo del crimine, il cui Dna è risultato compatibile con quello di un parente detenuto nel carcere di Brescia. L’incrocio di vari elementi ha infine permesso agli inquirenti di risalire al codice genetico di Verduci, considerato il principale sospettato.