Ddl Sicurezza, ok alla norma sulle detenute madri: stop all’obbligo di rinvio della pena

Scontro tra maggioranza e opposizione. Avs “Una vergogna che dimostra disprezzo diritti”, Fi “Polemica pretestuosa e mistificatoria”.

Roma – L’Aula della Camera ha approvato l’articolo 15 del ddl Sicurezza che rende facoltativo e non più obbligatorio il rinvio della pena per le donne in gravidanza e le madri con figli sotto l’anno. Gli emendamenti delle opposizioni sono stati bocciati, mentre è stato approvato quello dei relatori che prevede che ogni anno il governo presenti una relazione sull’attuazione delle misure cautelari nei confronti delle donne incinte e delle madri con figli di età inferiore a tre anni.

Su tutte le furie Alleanza Verdi-Sinistra italiana che sull’onda della nuova agenda dettata dalla news entry Ilaria Salis, aveva provato a scommettere sul voto segreto nella speranza di chissà quale sgambetto all’interno del centrodestra. Ma la maggioranza – a differenza delle opposizioni sempre più spaccate – si è mostrata compatta e ha così respinto l’assalto rosso. Devis Dori, capogruppo di Avs nella commissione Giustizia di Montecitorio, ha definito il carcere per le detenute madri “una vergogna che dimostra il disprezzo per i diritti civili di questa destra al governo“. “Neanche il voto segreto ha liberato le coscienze nella destra”, è insorto.

L’attacco delle opposizioni ha preso come bersaglio soprattutto Forza Italia, rea per gli avversari di aver barattato i diritti inviolabili dei minori con la tenuta del governo Meloni. Ma Pietro Pittalis ha replicato sul fatto che quella sulle detenute madri è una polemica “pretestuosa e mistificatoria”. E nonostante la visione che la sinistra vuole imporre, ha assicurato il deputato azzurro, “i cittadini non si fanno ingannare. Sul tema delle carceri – ha detto – Fi non prende lezioni da nessuno, tanto meno da una sinistra che non ha mai fatto nulla”. Il carcere deve rappresentare “l’extrema ratio. Sarà il giudice a fare una valutazione caso per caso”, ha tagliato corto Pittalis tentando di chiudere in modo soft.

Al 30 giugno scorso, i dati ministeriali segnalano la presenza di 23 madri in carcere e 26 figli al
seguito.
In particolare, presso la sezione femminile di Milano-San Vittore sono ristrette 5 madri e 6 bambini sotto i tre anni. Lo ha messo nero su bianco un documento dell’Osservatorio carcere dell’Unione delle Camere penali, parlando di “ennesima vergogna, troppo spesso taciuta, dei bambini in carcere, costretti, loro malgrado, a condividere la cella con le madri recluse”. Nel dossier viene citato Giacomo, che a due anni vive in un carcere e dice solo “apri e chiudi”.

L’Osservatorio ha posto in rilievo “il dato, insuperabile, della presenza, su tutto il territorio nazionale, di soli 5 Icam, strutture comunque chiuse inidonee, perciò, alla corretta formazione e allo sviluppo del bambino: Lauro (AV), Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Torino Lo Russo e Cotugno, Cagliari – si legge nel documento – rappresentano un numero troppo esiguo per garantire che la detenzione delle donne incinte o delle madri di bambini di età inferiore a un anno avvenga in zone prossime ai luoghi di residenza, nel rispetto del diritto alla territorialità stabilito dall’ordinamento penitenziario e dei criteri costituzionali di una pena che non sia inumana e degradante”.

A differenza degli Icam, scrivono i penalisti, le case-famiglia protette – introdotte, per le madri prive di un proprio domicilio idoneo, dalla legge Buemi del 2011 – “sarebbero delle soluzioni in grado di garantire alla mamma e al bambino un luogo più sereno e più aperto, inserito nel contesto urbano e non isolato dai principali servizi socio sanitari, territoriali e ospedalieri, simile, per quanto possibile, ad una casa”, ma
“purtroppo, non hanno ancora trovato adeguata attuazione. Solo due, ad oggi, sono le case-famiglia, gestite da privati: una a Milano e l’altra a Roma”. 

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