Il presidente balcanico sostiene che un conflitto potrebbe scoppiare anche tra 3-4 mesi e dice: “Siamo Paese libero che lotta per la pace”.
Belgrado – La Serbia si sta preparando a una possibile guerra tra Occidente e Russia che potrebbe scoppiare in qualsiasi momento, “anche tra tre, quattro mesi”. Parola di Aleksandr Vucic, presidente dello Stato balcanico, che in una lunga intervista con la testata svizzera Die Weltwoche lancia l’allarme. Un allarme che appare decisamente distonico rispetto alle immagini arrivate dal recente summit del G7 pugliese, in cui si è parlato dei temi caldi in un clima all’apparenza disteso. “Siamo un Paese libero che lotta per la pace”, sottolinea Vucic, aggiungendo di ritenere palese il fatto che Russia e Occidente non cerchino più un accordo diplomatico.
Guardiamo agli ultimi giorni: il G7 prima e la divisione tra Occidente e resto del mondo alla Conferenza di pace svizzera dei giorni scorsi sull’Ucraina hanno lasciato intendere quanto sia ridotta la volontà di negoziare con Vladimir Putin nei leader euroatlantici. Ma al contempo anche la “proposta” della Russia all’Ucraina per una fine del conflitto prefigura la resa in una guerra che Mosca non ha vinto sul campo come unica via d’uscita per Kiev. Questo crea un palese cortocircuito in cui, affonda Vucic, “tutti parlano solo di guerra, nessuno parla di pace”. Anzi, “pace è una parola vietata. Sull’Ucraina si dice che si debba vincere”, in forma più o meno diretta, la guerra, “per assicurare una futura pace. Ma di che pace si tratti nessuno lo dice”. Né in Russia né in Occidente.
Il capo di Stato di Belgrado è esplicito, un fiume in piena. “Non si può negoziare senza l’altra parte al tavolo”, nota Vucic, “e questo non sta accadendo”. Nota come “l’Occidente pensa di poter sconfiggere Putin agilmente, di logorarlo in Ucraina”. Ucraina che per Vucic, ha indebolito la Russia “ma non è certamente abbastanza per sconfiggere e rovesciare Putin”. Tutti in Europa, secondo Vucic, “fanno gli eroi. Ma nessuno dice ai popoli che seguire questa strada farà pagare un prezzo salato”. Da qui un monito chiaro: “Bisogna fermare ogni atteggiamento guerrafondaio: siamo sempre più vicini all’abisso”. Per Vucic Nato e Usa “non potrebbero sopportare una vittoria della Russia in Ucraina” che ne “annullerebbe la legittimazione politica, e questo per gli Usa non è accettabile”. Inoltre, un successo di Mosca deteriorerebbe la posizione geopolitica dell’Europa e dell’Occidente collettivo”.
Infine, accettare una vittoria della Russia in Ucraina “aprirebbe un vaso di Pandora perché sdoganerebbe altri movimenti altrove”, legittimando la logica dell’aggressione e la possibilità di cambiare i confini coi cannoni. Ma anche la Russia combatte una battaglia esistenziale: “se Putin perderà, la Russia potrebbe non esistere più per come la conosciamo”, dice Vucic. E “quando si hanno due campi così distanti tra loro, con i loro desideri e le loro aspettative, si nota che tutto è in gioco”.
Il fatto che “nessuno possa permettersi di perdere” per il leader serbo crea problemi e rende legittimo pensare che “siamo vicini a un vero disastro”. Il capo di Stato serbo, riaffermando che non intende sacrificare “un solo uomo” in questo processo ha riaffermato la linea di netta neutralità della Serbia, Paese la cui storica vicinanza alla Russia per la comune eredità slava e ortodossa non ha certamente creato le basi per un appiattimento di Belgrado su Mosca. La Serbia ha rifiutato l’applicazione di sanzioni a Mosca, ma al contempo ha inviato aiuti umanitari all’Ucraina. Ha vietato, inoltre, ai suoi cittadini sia di arruolarsi nelle milizie ucraine che in gruppi come la russa Wagner. Una linea di netta neutralità che rende dunque ancora più approfondito, interessante e, in un certo senso, allarmante l’appello del leader di Belgrado.