I lavoratori del settore dei carburanti che attende la riforma sono insoddisfatti: molti lavorano per paghe misere, 5-600 euro al mese.
Roma – “Oltre ai balneari, c’è un’altra categoria che il governo Meloni rischia di scontentare ed è quella dei distributori di carburanti, i benzinai, che poi sono luoghi “sacri” per le casse dello stato perché è da qui che arrivano miliardi e miliardi, tra Iva e accise. L’annuncio dell’arrivo di una riforma del settore ha messo in subbuglio una categoria che ama poco i riflettori e che con i governi cerca sempre un compromesso, salvo rari casi in cui si arriva alla sciopero come potrebbe verificarsi questa volta “perché – spiega al Foglio
Giuseppe Sperduto, presidente della Faib-Confesercenti – dovevamo attendere il governo Meloni, con Urso al Mimit, per riuscire a distruggere quello che abbiamo costruito in decenni”. (…)
Ebbene, racconta in sintesi Sperduto, “è successo che mentre stavamo cercando di trovare una strada condivisa per riformare l’assetto di un settore che così com’è non funziona, perché in Italia abbiamo 22.500 impianti di distribuzione, il doppio di Francia e Germania, di cui 5.000 sono sotto la soglia di povertà, il governo ha deciso di emanare un decreto legge che liberalizza la contrattazione tra distributori e compagnie con un vantaggio fin troppo evidente per le seconde. Così non va bene anche perché si rischia di rendere ancora più precario un mondo di lavoratori che già arranca. Molti forse pensano che a gestire un distributore di benzina si diventa ricchi. Macché. Sapete quant’è il giro d’affari medio annuo? 20 mila euro lordi. Molti benzinai lavorano per 5-600 euro al mese”, si legge su Il Foglio.
“La sintesi della storia è che proprio l’eccessivo numero di punti di distribuzione nel nostro paese rende molto risicati i margini di guadagno anche se, ovviamente, dipende dalle zone. Il calcolo, però, potrebbe risultare approssimato per difetto perché esistono ben 3.000 distributori “fantasma”, di cui cioè non si conosce l’ubicazione o che sono inattivi, e che però vengono conteggiati quando si calcolano gli introiti dei benzinai. (…) Il forte malumore suscitato dalla riforma targata Mimit, e di cui il ministro Adolfo Urso è grande sostenitore, ha fatto sì che l’esame del Ddl da parte del Consiglio dei ministri fosse rinviato e che si aprisse uno spiraglio per riprendere il confronto tra le parti che era stato interrotto”, continua il giornale.
Le associazioni dei benzinai criticano duramente il ddl sulla riforma della rete distributiva dei carburanti, all’esame del Consiglio dei ministri. Le sigle hanno annunciato fin d’ora la protesta con la chiusura degli impianti su strade e autostrade. In un comunicato congiunto, si legge che la riforma è “maturata nelle segrete stanze del ministero di Adolfo Urso, nelle quali è ammesso un ristretto cenacolo di petrolieri”. La proposta arrivata in Cdm sulla riforma della rete dei carburanti, per ora slittata per approfondimenti, è “una vera e propria violenza alla realtà. Si distrugge l’ultimo anello della catena (i gestori) per premiare le compagnie petrolifere, che nel corso degli ultimi 3-5 anni hanno chiuso bilanci con utili mostruosi, anche a scapito dei margini dei gestori e sulle spalle dei clienti”.
Le associazioni dei benzinai Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, sostengono che il Governo ha anche “cancellato la norma che obbligava la pubblicizzazione del differenziale fra prezzo self e servito che, a spanne, vale oltre 1 miliardo di euro per le compagnie”.