Maurizio Di Stefano racket

Da vittima del racket a imprenditore, ma lo Stato gli chiede indietro i fondi: la storia di Maurizio Di Stefano

Lo sconforto dell’uomo, che ha ricominciato a Bologna: “Avevo avuto l’opportunità di ripartire da zero e avevo sentito lo Stato vicino. Ma ora quello stesso Stato vuole togliermi tutto”.

Bologna – “Avevo avuto l’opportunità di ripartire da zero e avevo sentito lo Stato vicino. Ma ora quello stesso Stato vuole togliermi tutto”: è la denuncia amara di Maurizio Di Stefano, ristoratore di Bologna, che oggi si trova a dover restituire 150mila euro, somma ricevuta anni fa dal fondo per le vittime di racket, estorsione e usura, dopo aver denunciato la mafia a Catania.

La denuncia, la fuga dalla Sicilia, la rinascita a Bologna

A raccontare la toccante storia è l’Ansa. Nel cuore di Catania, Di Stefano gestiva una libreria. Ma la sua attività fu bersaglio di ripetute intimidazioni e pressioni da parte del racket mafioso. Dopo l’ennesima minaccia, decise di denunciare, pur sapendo di mettere a rischio la propria sicurezza e il suo futuro lavorativo.

Costretto a lasciare la Sicilia, si trasferì a Bologna e avviò una nuova attività imprenditoriale: un ristorante di cucina siciliana, “Liccu”, oggi attivo in via Ranzani. Un sogno reso possibile anche grazie all’elargizione di circa 150mila euro ricevuta nel 2017, riconosciutagli dal Commissario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, dopo una lunga istruttoria e con il parere favorevole della Procura di Catania.

La revoca dei fondi e la nuova battaglia legale

Tuttavia, nel corso del tempo, il percorso giudiziario avviato a seguito delle sue denunce ha avuto uno sviluppo inaspettato: l’ipotesi di estorsione è stata archiviata, restando in piedi soltanto quella di usura aggravata. Un dettaglio tecnico che, secondo il Tribunale civile di Catania, farebbe venir meno i requisiti legali per ricevere i benefici del fondo, riservati in modo specifico alle vittime di estorsione.

Ne è seguita la revoca del contributo e la ricezione di una cartella esattoriale da parte dell’Agenzia delle Entrate, che ora chiede a Maurizio Di Stefano la restituzione dell’intera somma. Il ristoratore ha presentato ricorso, ma l’udienza davanti alla Corte d’Appello civile è fissata solo per il 2026.

“È un segnale pericoloso”

“Oltre alla mia vicenda personale, questo è un brutto segnale per chi denuncia la mafia. Chi trova il coraggio di esporsi deve potersi fidare dello Stato”, dice Di Stefano all’Ansa. “Se dopo aver messo a rischio tutto per legalità e giustizia, lo Stato ti volta le spalle per una questione formale, cosa possiamo aspettarci per il futuro della lotta al racket?”

Il caso di Di Stefano riporta l’attenzione sulle enormi difficoltà vissute dalle vittime di mafia anche dopo la denuncia: ostacoli burocratici, processi lunghi e regole troppo rigide che rischiano di disincentivare il coraggio di chi, nonostante tutto e tutti, si rimette in gioco e prova a ricominciare.

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