I giudici europei bocciano le argomentazioni della difesa su legalità e condizioni di salute. L’avvocato: “Decisione scontata, ora si attende la scadenza dei quattro anni”.
La giustizia europea chiude definitivamente la porta alle speranze di Alfredo Cospito. La Corte europea dei diritti umani ha infatti respinto come “manifestamente infondato” il ricorso dell’anarchico contro l’applicazione del regime carcerario del 41 bis, confermando la linea delle autorità italiane sulla necessità di mantenere le misure restrittive.
La decisione dei giudici di Strasburgo arriva dopo un’attenta valutazione di tutti gli aspetti sollevati dalla difesa, comprese le preoccupazioni relative al deterioramento delle condizioni fisiche del detenuto conseguente al prolungato sciopero della fame. Secondo la Corte, le autorità italiane hanno fornito elementi probatori sufficienti a giustificare l’adozione del carcere duro, dimostrando che le misure adottate erano proporzionate e necessarie per garantire la sicurezza.
Particolarmente significativo è il fatto che i giudici europei abbiano respinto anche le contestazioni relative al principio di legalità. La difesa aveva infatti argomentato che la riqualificazione del reato da “strage comune” a “strage politica” rappresentasse un’interpretazione giuridica più severa e imprevedibile rispetto al momento in cui erano stati commessi i fatti. La Cedu ha però stabilito che tale interpretazione non configura una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Sul fronte sanitario, uno degli aspetti più dibattuti del caso, la Corte ha ritenuto adeguate le garanzie mediche fornite dalle autorità italiane durante lo sciopero della fame dell’anarchico. I giudici hanno stabilito che le misure sanitarie adottate erano sufficienti a tutelare l’incolumità del detenuto, pur riconoscendo il peggioramento delle sue condizioni fisiche.
L’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Cospito, ha commentato la decisione definendola “amaramente scontata”, in linea con la giurisprudenza consolidata di Strasburgo. Il legale guarda ora alla scadenza naturale del provvedimento: “Tra pochi mesi scadrà il termine di quattro anni del provvedimento applicativo e vedremo quali saranno i pareri che giungeranno al Ministro Nordio”.