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Così è morta Serena Mollicone: “Sbattuta contro la porta e poi soffocata”

Al processo d’appello per l’omicidio della giovane di Arce è cominciata la requisitoria dell’accusa. Il procuratore: “Dobbiamo credere alla versione del brigadiere suicida”.

ARCE (Frosinone) – Il processo per la morte di Serena Mollicone entra nel vivo. La requisitoria del procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Deborah Landolfi, è lapidaria: ” Serena ha impattato contro la porta e le consulenze dicono che esiste un’ottima compatibilità che poi è il modo scientifico di dire che è così. E’ questa la dinamica che è avvenuta: Serena ha sbattuto contro quella porta…Serena è morta per asfissia causata dal nastro adesivo con cui è stata imbavagliata e poi le é stato messo il sacchetto sulla testa. Dall’autopsia sono emerse anche una serie di lesioni tra cui alcune fratture craniche e un consistente infiltrato emorragico ma la cosa strana è che nessuna di questa fratture è scomposta. Quindi a causarle è stato un oggetto ampio e piatto come la porta…Il decesso della giovane, secondo l’entomologa Paola Magni,  sarebbe avvenuto tra le 13 e le 21 del 1 giugno… E Tuzi è stata l’ultima persona a vedere Serena da viva…”.

Il processo d’appello

A supportare le ipotesi di Landolfi il collega Francesco Piantoni che, nella sua di requisitoria, torna  a parlare del brigadiere suicida:

“Dobbiamo credere a Tuzi per come ha raccontato la sua versione dei fatti il 28 marzo del 2008…Mentre è assolutamente non credibile la sua ritrattazione…Il sottufficiale ritrattò le sue dichiarazione poi smentì anche la ritrattazione. Infine morì suicida…”.

I due requirenti hanno chiesto di inserire un’ulteriore memoria per ricostruire meglio i fatti dunque slitterà al 24 giugno e al successivo 2 luglio prossimi il termine della requisitoria dei due magistrati mentre le richieste di condanna sono previste per il 4 luglio. Alla sbarra per l’omicidio della 18enne di Arce, trovata morta in un bosco il 3 giugno del 2001, sono stati l’ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Annamaria e i due militari Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano. Nel processo di primo grado, dinanzi la Corte d’Assise di Cassino, i cinque imputati erano stati assolti per non aver commesso il fatto. L’ipotesi accusatoria sostenuta da due pg vuole che Serena sia stata nella caserma di Arce e la sua testa sarebbe stata sbattuta contro una porta.

Franco Mottola

Quella botta l’avrebbe soltanto tramortita e mentre era svenuta le sarebbe stato calato un sacchetto in testa e Serena sarebbe deceduta nell’agonia asfittica, mentre mani e piedi sarebbero stati tenuti fermi con nastro adesivo e fil di ferro:

In questa storia c’è un po’ di tutto – dice la criminologa Roberta Bruzzone, consulente di Armida Mollicone, sorella di Guglielmo e zia di Serena – Sono convinta dell’impianto accusatorio, per cui è una storia che comincia nel peggiore dei modi: se abbiamo ragione noi, l’inchiesta viene inizialmente gestita da chi avrebbe avuto tutto il vantaggio di alterarla, rallentarla, creare occasioni di disturbo.

Serena viene uccisa, evidentemente perché rappresenta un problema per qualcuno, verosimilmente in un posto al chiuso, e poi viene riportata nel boschetto di Fonte Cupa per accreditare l’ipotesi che non sia mai tornata ad Arce, perché l’ultimo avvistamento la colloca a circa 300 metri dal boschetto. Chi è che si può dare tanto da fare per accreditare l’ipotesi che questa ragazza abbia fatto una brutta fine perché avrebbe dato confidenza alla persona sbagliata, quando sappiamo bene che così non è andata? Anzi l’opera di confezionamento è stata abbastanza complessa, estremamente precisa e chiaramente avvenuta altrove. Sono dei dettagli che mi fanno propendere per qualcuno che sapesse molto bene come gestire la parte dell’inchiesta e soprattutto, nonostante l’epoca sapesse evitare di lasciare tracce utili.

Al centro Roberta Bruzzone con gli avvocati di parte civile

Verosimilmente si tratta di un’aggressione in due tempi condotta da due soggetti diversi, uno più impulsivo e più incline agli scoppi di ira, più giovane e probabilmente disregolato, quello che probabilmente considerava Serena una fastidiosa interferenza, e qualcun altro, più consapevole, privo di empatia ed estremamente preciso, che subentra in un momento successivo e decide di non soccorrere questa ragazza, ma anzi di “confezionarla”, decretandone la morte. Sono due soggetti con caratteristiche personologiche molto diverse”. La sentenza potrebbe giungere a metà luglio.

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