Cop27: parole, parole, parole…

Dopo quella dello scorso anno in Scozia, anche il 2022 ha fatto registrare lo svolgimento della 27ma sessione della Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che ha avuto luogo in Egitto. Medesimi gli esiti, tanto fumo e poco arrosto.

Roma – Si è svolta dal 6 al 20 novembre scorso a Sharm el Sheikh, in Egitto la Cop27 per discutere del cambiamento climatico che tanti stravolgimenti sta causando in ogni parte del mondo. Come quella dell’anno scorso a Glasgow, in Scozia anche questa si è rivelata solo uno stucchevole chiacchiericcio, futile, senza costrutto. Infatti, non è stato deciso alcunché, ma è stato stilato solo un elenco di sterili intendimenti.

Poiché non si riusciva a trovare un accordo, ci sono state febbrili consultazioni e all’alba del 20 novembre è stato partorito un documento risibile, in quanto non è stata ratificata nessuna misura per contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 °C, senza stabilire regole e piani per tagliare il traguardo. Non sono, infatti, stati toccati i tagli alle emissioni di anidride carbonica (CO2). Secondo gli attivisti e gli scienziati questa è una scelta dissennata, perché già oggi siamo a 1,2°C sopra la media preindustriale e le teorie dell’ “orologio dell’apocalisse climatica”, cioè la catastrofe dell’umanità, ci informano che restano circa una decina d’anni per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C di riscaldamento.

Quest’ultimo, è utile ricordare, faceva parte dell’accordo di Parigi firmato nel 2015 dagli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Se non si accelera il processo di riduzione ora, non ci sarà più tempo per farlo. Certo, è stato istituito un fondo “Loss and damage” (perdite e danni) per risarcire i Paesi più colpiti dai mutamenti climatici. Ma è una decisione che, slegata da un serio piano di riduzione delle emissioni, rischia di rivelarsi la classica toppa peggio del buco. Evidentemente la siccità estrema dell’ultimo anno, le ondate di calore, la carestia e i fenomeni atmosferici devastanti non hanno insegnato nulla.

Non è stata presa nessuna posizione netta, inequivocabile, mentre si continuano a differire i piani climatici senza stabilire regole ferree ai Paesi che inquinano. L’aspetto che fa più specie è che gli allarmi non sono lanciati da gruppi rivoluzionari che vogliono sovvertire lo status quo politico mondiale, ma provengono dalle istituzioni stesse. Ad esempio, l’ultimo rapporto della Convenzione delle nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ci ha informato che se entro il 2030 i Paesi che hanno già preso accordi sul clima, non li miglioreranno, le emissioni di CO2 cresceranno di più del 10% rispetto al 2010.

Proseguendo in questo modo, entro fine secolo la temperatura media arriverà a 2,5 °C in più dell’era preindustriale, con effetti devastanti che sono facilmente intuibili. Secondo un calcolo degli scienziati, per raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C, servirebbe, paradossalmente l’effetto lockdown della pandemia, quando il blocco delle attività industriali provocarono un abbassamento delle emissioni. L’uomo comune non riesce a comprendere il perché ogni anno i grandi della Terra, si riuniscono per prendere decisioni importanti sul clima e sulla salute del Pianeta e, alla fine, non si decide nulla. Il continuo ciarlare ha stancato e cresce il sospetto che si vada in giro per il mondo, a spese dei contribuenti globali, in vacanza, a gozzovigliare e banchettare. Mentre il Pianeta muore!

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