Caos sulla nomina in Corte Costituzionale, tra talpe e bluff. Opposizione “Basta blitz”. Donzelli “Fanno male a istituzioni e a se stessi”.
Roma – Con 320 schede bianche, rispetto a una maggioranza qualificata necessaria dei 3/5, il Parlamento in seduta comune ha inanellato l’ottava fumata nera per l’elezione di un giudice della Corte costituzionale. Verrà pertanto convocato, ‘in data da stabilirsi’, un nuovo scrutinio a Palazzo Montecitorio. Dopo le indiscrezioni di stampa che indicavano nel consulente giuridico della presidenza del Consiglio, Francesco Saverio Marini, quale candidato del centrodestra, le opposizioni avevano annunciato la non partecipazione al voto, mentre dalla maggioranza è emersa la scelta di della ‘scheda bianca’.
“Abbiamo appreso dalla stampa che avevano un nome e che volevano tirare dritto senza nemmeno avvertire le opposizioni. Dopo il passaggio di oggi – ha commentato nel Transatlantico della Camera la segretarie del Pd, Elly Schlein – dove la nostra compattezza li ha fermati, mi aspetto che il dialogo si apra poi vedremo come andrà”. E Giovanni Donzelli, responsabile organizzazione di FdI, le ha replicato: “Se le opposizioni pensano di bloccare le istituzioni a vita fino a quando la maggioranza non fa quello che dicono loro sbagliano, fanno male alle istituzioni e a se stessi. Accettino che hanno perso le elezioni e poi possiamo dialogare”.
Il centrodestra era mobilitato, in particolare Fratelli d’Italia, per l’elezione del giudice costituzionale chiamato a sostituire Silvana Sciarra, cessata dal mandato a novembre dello scorso anno. Una elezione che si preannunciava e che è stata ad alta tensione. Tanto che in Fdi il nome trapelato con la minaccia di “talpe” nelle chat del partito aveva provocato un autentico terremoto. Sulle talpe il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti risponde con sarcasmo: ”Io a dire il vero non ho la vocazione di fare il ricercatore di talpe, anche perché stanno sotto terra e in genere quando si sta sotto terra, a volte ci si rimane…”. E sul “preteso conflitto di interessi del consigliere giuridico del presidente del Consiglio, – Francesco Saverio Marini – è un bluff! Nel settembre 2022, ad esempio, venne nominato alla Consulta Marco d’Alberti, consigliere giuridico del Presidente Draghi”.
Tra i nomi circolati in questi mesi si è più volte parlato di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e nelle ultime settimane anche di Carlo Deodato, segretario generale di Palazzo Chigi. E Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, aveva detto su Marini: “è il consigliere giuridico della Premier e ha scritto la riforma del premierato, e sarebbe chiamato a giudicare su questioni cruciali come l’autonomia differenziata e i referendum correlati, che lui stesso ha contribuito a disegnare. Non solo: è anche presidente della Commissione Paritetica della Valle d’Aosta, e ha redatto ricorsi contro il governo, ricorsi che, da membro della Consulta, dovrebbe poi valutare. Siamo di fronte a un conflitto di interessi inaccettabile. La Corte Costituzionale è un’istituzione di garanzia per tutto il Paese, non è ‘proprietà’ di Meloni”.
E se il nome di Marini fosse bruciato? “Sarebbe un falò delle streghe, il prof. Marini ha l’esperienza e la
competenza giusta”, dice a Rai Radio1 il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè. Per il presidente della Corte Costituzionale “si potrebbe rivotare già la prossima settimana”, aggiunge l’esponente di Fi. Il segretario di Più Europa Riccardo Magi sottolinea invece che “Meloni ha tentato il blitz sulla Consulta ed è stata una debacle nel metodo e nel merito. Nel metodo perché anziché favorire un confronto tra i gruppi parlamentari per cercare un ampio e reciproco sostegno a personalità di spessore che garantiscano indipendenza, ha tentato una forzatura spericolata trasformando l’elezione di un giudice costituzionale in una questione di governo. Nel merito perché ha tentato di imporre il proprio consigliere giuridico per le riforme che tutti i gruppi parlamentari ricordano al suo fianco negli incontri sul premierato con i gruppi qui a Montecitorio. Ora Meloni cambi metodo e apra il dialogo”.
E ancora, la responsabile giustizia del Pd, la democratica Debora Serracchiani, che punta il dito contro una “maggioranza nel caos. Ha tentato di forzare la mano sulla nomina dei giudici della Corte Costituzionale, ma è evidente – dice – che non vi sia accordo neppure al suo interno sulla composizione della Consulta. Il blitz di
Meloni si è rivelato un grande flop. Ci auguriamo che, da questo momento in poi, il Parlamento possa procedere alla nomina dei giudici della Corte Costituzionale senza forzature e in un clima di condivisione, come previsto dalla nostra Costituzione. Le maggioranze qualificate richieste sono infatti essenziali per
garantire l’elezione di personalità autorevoli e rigorose, capaci di salvaguardare la terzietà e l’indipendenza della Consulta. Oggi abbiamo impedito un grave strappo istituzionale”.
“Andarono per suonare e furono suonati. Le prove di forza sui giudici costituzionali sono inaccettabili. Se manca la forza, sono pure patetiche. Basta blitz: si avvii subito un dialogo, alto e alla luce del sole, per arrivare a scelte condivise, nello spirito della Costituzione”, scrive su X il senatore del Pd Dario Parrini, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali.