L’uomo riteneva che il dottore fosse responsabile dei suoi malesseri ricorrenti a seguito della somministrazione di due flebo. Dopo una lite l’aggressione mortale.
SAN DONATO MILANESE – Un colpo d’accetta al medico di cui era stato paziente: 16 anni di carcere. Il verdetto, emesso dal Gup Massimo Beraldo con rito abbreviato, è in danno di Benedetto Bifronte, 63 anni, nullafacente originario di Messina, residente a Rozzano. L’uomo ha ucciso a colpi di accetta Giorgio Falcetto, medico chirurgo di 76 anni, il 13 dicembre di un anno fa presso il parcheggio esterno del policlinico San Donato. Il Pm Giovanni Polizzi aveva contestato all’imputato l’omicidio volontario ma non l’aggravante della premeditazione mentre la difesa La difesa aveva chiesto l’assoluzione per infermità mentale. La perizia psichiatrica disposta dal giudice per le indagini preliminari aveva stabilito, di contro, che al momento dell’omicidio Bifronte era capace di intendere e di volere.
Bifronte era andato al pronto soccorso del policlinico accusando forti dolori al petto. In accettazione pare che nessuno gli avesse rivolto attenzione dunque prospettando una lunga attesa l’uomo decideva di andarsene, evidentemente non stava cosi male come aveva riferito al personale sanitario. Una volta salito sulla sua auto, facendo retromarcia, tamponava la vettura del medico, già primario a Biella e poi in forza al dipartimento di Chirurgia generale del San Donato come libero professionista. Tra i due scoppiava una violenta lite durante la quale Bifronte accusava Falcetto di avergli rovinato la vita.
In effetti l’investitore era stato visitato da Falcetto un anno prima perché aveva problemi di respirazione. Nulla di importante ovviamente tanto che il medico dimetteva il paziente, dopo avergli somministrato un paio di flebo, diagnosticando una cervicalgia con sindrome influenzale con 7 giorni di prognosi. Bifronte sosteneva invece che dopo quella visita nausea e mal di testa si erano ripetuti cosi di frequente da tormentargli l’esistenza. Al culmine dell’alterco Bifronte estraeva dal bagagliaio un’accetta con la quale colpiva il medico al volto e in testa almeno un paio di volte, a sentire in primis le testimonianze di alcuni operai che lavoravano vicino al parcheggio e visto il referto autoptico siglato dal medico legale. Subito dopo Bifronte si dava alla fuga ma veniva raggiunto dai carabinieri che, a seguito di un’indagine lampo, riuscivano ad identificare l’assassino e ad arrestarlo.
Il povero medico veniva subito soccorso dai colleghi e operato d’urgenza ma gli sforzi dei camici bianchi si rivelavano vani. Dopo circa 36 ore di agonia il dottor Falcetto spirava fra i familiari ancora increduli e costernati. Bifronte, però, raccontava in udienza un’altra versione dei fatti:
” Mentre mi recavo al parcheggio notavo il medico che mi aveva visitato nel 2021 – raccontava l’operaio disoccupato – quello che mi aveva fatto due flebo a seguito delle quali continuavo ad avere ogni giorno mal di testa e nausea ma di cui non conosco il nome. Il dottore passava a piedi di fianco alla mia Alfa Romeo 147 blu, lato autista. A questo punto mi rivolgevo a lui dicendogli che stavo male, che avevo sempre mal di testa e nausea. Per tutta risposta il medico mi insultava…Allora innestavo la retro per andarmene ma toccavo una macchina che era dietro la mia: a questo punto il medico di prima mi diceva che la macchina toccata era la sua…Io ero tranquillo, ma il medico era agitato. Viste le male parole che il medico mi diceva, ho pensato a tutto quello che mi aveva fatto, perdevo la testa. Tornavo alla macchina, aprivo il bagagliaio posteriore e da qui prendevo un’accetta, di piccole dimensioni, con cui colpivo il medico sulla fronte”.
L’assassino, reo confesso anche durante i precedenti interrogatori, dichiarava di essersi dato alla fuga per evitare il linciaggio da parte di alcune persone che avevano assistito all’aggressione mortale. A questo punto Bifronte gettava l’accetta dentro un tombino dell’ospedale San Donato ma l’arma del delitto veniva rinvenuta dai carabinieri nel vano scale di un condominio di Rozzano, vicino l’abitazione dell’imputato dove poi Bifronte veniva ammanettato. L’uomo, sposato con un figlio ma separato dal 2020, aveva precedenti per truffa e possesso illegale di armi. Da qualche anno non lavorava più e viveva di espedienti.