Nel rapporto OCSE emerge che gli italiani mostrano difficoltà nella comprensione del testo, calcoli semplici e problem-solving.
Possiamo pure “chiudere baracca e burattini” e andare da un’altra parte. Ma dove, con la nostra ignoranza? Non si tratta di farneticazioni di qualcuno mosso da anti italianità tout court, ma delle conclusioni di una ricerca a cura dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). L’indagine ha riguardato la preparazione basilare di soggetti tra i 16 e i 65 anni d’età appartenenti a 31 Paesi. Ebbene, su temi quali la comprensione di un testo, effettuare calcoli anche semplici e risolvere problemi in contesti diversi, le abilità degli italiani sono state, in media, inferiori agli altri Paesi in esame.
Il precedente rapporto fu diffuso nel 2013 e da allora i dati sono peggiorati, a testimoniare le gravi lacune dell’istruzione e della formazione aziendale. Mediamente i risultati sono analoghi, tuttavia chi aveva poche competenze ora ne ha di meno e chi già le possiede le ha aumentate. In pratica si è allargata la forbice, con effetti devastanti sul mercato del lavoro, visto che le aziende non riescono a reclutare personale qualificato e chi trova lavoro è confinato in ruoli di basso profilo. E’ chiaro che, trattandosi di un campione rappresentativo di 160mila adulti di Paesi dell’OCSE, non si possono interpretare i dati in modo assoluto, ma come segnali di un processo in divenire.
E’ stato riscontrato che gli italiani di discendenza hanno dato risposte migliori rispetto a quelli figli di genitori stranieri. Secondo l’OCSE più che la nazionalità ad influire sul risultato sono state le condizioni economiche ed il contesto sociale, che valgono anche per gli italiani da generazioni. Come giocano un ruolo rilevante le differenze intergenerazionali. I più giovani hanno raggiunto punteggi più elevati rispetto ai più anziani. Oltre alla generazione può essere stata importante anche la differenza di formazione scolastica. Questa tendenza è presente anche in altre realtà, però, in Italia assume una spiccata peculiarità. Nel senso che la differenza è minima per i bassi risultati dei più giovani, non per un livello accettabile degli adulti.
Il divario più netto tra l’Italia e il resto dei Paesi OCSE, si esprime nella fascia d’età 25-34 anni e potrebbe rappresentare una forte criticità per quanto riguarda la formazione scolastica e universitaria. Infine, i laureati hanno ottenuto, in media, punteggi più alti nella comprensione di un testo rispetto ai diplomati. Se il confronto viene fatto con gli altri Paesi i laureati italiani, ad esempio, nella comprensione del testo, hanno raggiunto risultati inferiori ai diplomati finlandesi. Una possibile spiegazione potrebbe essere dovuta al percorso fatto dopo gli studi, tirocinio o formazione in azienda, che nel nostro Paese arrancano. Forse questo aspetto è legato alla scarsa produttività delle aziende e ai miseri stipendi.
La comprensione delle difficoltà nelle formazione è importante per le politiche economiche orientate all’occupazione. Chi ha raggiunto le migliori performances è in grado di fare carriera nei confronti di chi ha raggiunto risultati insufficienti. Le competenze hanno un ruolo decisivo nelle disuguaglianze economiche. Rispetto allo studio precedente è emerso che sono cresciute le competenze di chi già le aveva solide, mentre sono peggiorate quelle di chi le aveva basse. Se le nostre competenze sono agli ultimi posti dei Paesi OCSE, è probabile che siano direttamente proporzionali a quelle della nostra classe politica, che non pare distinguersi per alta preparazione, tutt’altro, visti i risultati!