Operazione della polizia: il criminale poteva contare su una rete di 67 affiliati.
Varese – La Polizia di Stato di Varese ha inferto un duro colpo al traffico di droga con un’importante operazione condotta dalla Divisione Anticrimine. Su disposizione del Tribunale di Milano – Sezione Autonoma Misure di Prevenzione, gli agenti hanno eseguito un provvedimento di sequestro nei confronti di un cittadino albanese, residente nell’hinterland varesino, ritenuto a capo di un’organizzazione dedita allo spaccio di stupefacenti.
Già gravato da numerose condanne per spaccio, l’uomo era stato arrestato il 12 giugno 2024 dalla Squadra Mobile, in seguito a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’Autorità Giudiziaria di Varese. Secondo gli inquirenti, il sospettato era il leader indiscusso di una rete criminale specializzata nello smercio di cocaina e hashish, con ramificazioni che si estendevano dalla provincia di Varese fino ad altre aree della Lombardia e dell’Emilia-Romagna.
Conosciuto come il “Grande Capo”, il criminale poteva contare su una rete di 67 affiliati. L’organizzazione era strutturata come una vera e propria impresa criminale, con un modus operandi meticolosamente pianificato. L’uomo reclutava giovani connazionali albanesi, che entravano in Italia con regolare visto turistico. Una volta giunti nel Paese, i nuovi affiliati ricevevano alloggio, auto intestate a prestanome, telefoni cellulari e droga, per poi essere impiegati nell’attività di spaccio.
Per eludere le indagini delle forze dell’ordine, l’organizzazione aveva allestito una vera e propria “sala operativa” in un appartamento, dove un operatore gestiva le richieste di droga ricevute via WhatsApp. Le ordinazioni venivano poi smistate ai pusher su strada attraverso piattaforme social meno rintracciabili. Inoltre, un capannone preso in affitto serviva come deposito per veicoli, armi e sostanze stupefacenti.
Nonostante l’apparente stato di nullatenenza del boss, gli inquirenti hanno scoperto che la sua famiglia beneficiava dei proventi illeciti. Gli affari erano schermati da una pizzeria d’asporto gestita dal fratello, che forniva un’entrata legale, seppur modesta. Attraverso un’attenta analisi dei flussi finanziari, è emerso che vari membri della famiglia fungevano da prestanome per l’acquisto di immobili e beni mobili registrati. Movimenti bancari anomali, bonifici senza causale plausibile e acquisti immobiliari hanno fatto scattare il provvedimento di sequestro.
L’operazione ha portato al sequestro di un capannone recentemente acquistato e intestato ai genitori del boss, utilizzato come base logistica per le attività illecite. Tra i beni sequestrati figurano inoltre due unità immobiliari, quattro rapporti bancari/finanziari e un’autovettura. Il valore complessivo del patrimonio sottratto alla criminalità organizzata ammonta a oltre 300.000 euro.