Il corpo fu ritrovato in un fosso davanti alla conceria dove lavorava e il decesso attribuito a un incidente stradale. Ma i familiari non hanno mai creduto al “pirata della strada”. Nel 2021 la riapertura del caso e ora la svolta della Procura.
Vicenza – Era il 10 gennaio 1979 quando Nadia Chiarello, 17enne di Nogarole Vicentino, scomparve misteriosamente finito il suo turno di lavoro nella conceria “Italia” di Arso di Chiampo, dove lavorava come segretaria. Il suo cadavere venne ritrovato 9 giorni dopo in un fossato davanti all’azienda. All’epoca l’autopsia effettuata sul corpo attribuì le cause della morte a un incidente, archiviando il caso come pirateria stradale. Ma i familiari della vittima, con la madre Iole Albanello e la sorella Barbara in prima fila, non hanno mai creduto a questa versione dei fatti e anzi sono rimasti sempre convinti che Nadia sia stata vittima di un brutale omicidio. E che in quel fossato la giovane non sia stata sbalzata dall’impatto con un’auto, ma deposta da qualcuno che l’aveva uccisa.
Il “cold case” vicentino era stato ufficialmente riaperto nel 2021 a seguito della denuncia della sorella di Nadia, che si era rivolta alla magistratura dopo aver ricevuto una lettera anonima contenente minacce. Del caso si era occupata anche la trasmissione tv “Chi l’ha visto?”, nella quale la madre e la sorella – il padre Lorenzo, malato di cuore, è morto da tempo – avevano fatto appello a tutti gli impiegati e gli operai presenti in conceria la sera della scomparsa di Nadia perché si facessero avanti e parlassero, dicendo quello che avevano visto. Quindi, nel novembre 2021, la riapertura delle indagini da parte della Procura di Vicenza, che ora ha ordinato la riesumazione della salma.
La scomparsa il 10 gennaio 1979, dopo il lavoro
La sera del 10 gennaio 1979 Nadia, che lavorava nella conceria Italia da poche settimane, avrebbe dovuto essere accompagnata a casa da un vicino di casa, Mario Bauce, che però quando poco dopo le 18 arrivò sul luogo dove di solito la aspettava, non trovò nessuno. L’allarme scattò qualche ora dopo, quando della ragazza era chiaro che si erano perse le tracce. Gli ultimi ad averla vista, scrissero i giornali locali, furono Gino Negro, il proprietario della conceria, che cinque minuti prima delle 18 la vide uscire per recarsi nel punto dove, di solito, aspettava l’arrivo del vicino di casa, e poi un amico di Bauce, che riferì di averla vista sulla strada alle 18:05.
Il ritrovamento del cadavere
Le ricerche continuarono per 9 giorni senza esito, finché il 19 gennaio, intorno alle 16:30, Giuseppe Melotti, un residente della zona che si stava recando in visita ai parenti, vide una testa spuntare tra la neve nel fossato che costeggiava il campo davanti alla conceria, dall’altra parte della strada. Il cadavere di Nadia, composto in una buca “come in una bara”, era senza scarpe, giacca e maglione, abiti che verranno poi ritrovati – a eccezione di una delle calzature – successivamente in zona. Le condizioni della salma, congelata per l’esposizione alle temperature rigide di quei giorni, resero impossibile stabilire con certezza i tempi esatti del decesso.
Il cadavere presentava ferite al labbro, escoriazioni sulle gambe e una profonda lesione alla testa, ma non era chiaro se fossero state inferte dalla mano di un killer, oppure causate dall’impatto con una vettura guidata da un pirata della strada poi dileguatosi nel nulla.
Anche le indagini degli inquirenti giunsero ad un binario morto. Si scavò su un certo Danilo, un ragazzo di San Bonifacio con cui Nadia ogni tanto si vedeva, ma alla fine il giovane risultò del tutto estraneo alla vicenda. Secondo l’autopsia, effettuata il 24 gennaio 1979 da Luciano Meli, il decesso fu causato da un trauma cranico e dopo qualche mese il caso venne archiviato – con esso la denuncia contro ignoti – come “omicidio colposo per incidente stradale”. Quindi la vicenda finì per tutti nell’oblio, fatta eccezione per la famiglia che non si è mai data pace. E per qualcuno che, diversi anni dopo, ha recapitato ai Chiarello alcune lettere minatorie contenenti illazioni e velate accuse, addirittura nei confronti del padre della ragazza.
La svolta e la riesumazione dei resti
Nel 2021 la svolta, con la Procura che ha ufficialmente riaperto le indagini. Ieri mattina il corpo di Nadia è stato prelevato dal cimitero Nogarole Vicentino alla presenza dei carabinieri, dei familiari della vittima – con loro l’avvocato Chiara Parolin che li assiste insieme al criminologo Edoardo Genovese – del sindaco di Nogarole, Romina Bauce. Quindi la salma è stata trasportata nell’istituto di medicina legale di Padova, dove nei prossimi giorni saranno effettuate tac e autopsia. Nella speranza concreta che si arrivi, dopo 45 anni, a risolvere il caso. “Non è mai troppo tardi per la verità – ha detto Barbara Chiarello a VicenzaToday – , e prego chiunque sappia qualcosa di farsi avanti, anche in forma anonima, per salvarsi l’anima”.