Il locale prendeva luce e aria non dall’esterno, ma da una finestra all’interno del Sacello, dotata di una doppia serie di barre verticali. Perché?
Torna a far parlare di sé la “Stanza del custode” del Collegio degli Augustali di Ercolano, oggetto di un importante intervento di ricerca e restauro. Dopo le rivelazioni riguardo alla dinamica di vetrificazione del cervello trovato all’interno del cranio del giovane “custode”, i cui resti sono stati ritrovati nel locale, un nuovo studio, attualmente in fase di conclusione, ha permesso di riaprire quello che appare ormai come un vero e proprio cold case archeologico. Offrendo nuove prospettive sulla vita e la morte degli abitanti dell’antica Herculaneum al momento dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Le ricerche di antropologia fisica si inseriscono in un più ampio progetto promosso dal Parco Archeologico di Ercolano, che coinvolge sia studi in laboratorio che scavi sul campo. In collaborazione con l’Università di Bordeaux e sotto la guida del professor Henri Duday, è stato eseguito un micro scavo sullo scheletro del giovane ritrovato nella stanza, ritenuto il custode del collegio. Questo intervento sarà completato nei prossimi giorni con analisi di laboratorio.
Grazie a rilievi submillimetrici, è stato possibile ricreare virtualmente l’ambiente e riprodurre digitalmente in 3D l’allestimento lasciato da Amedeo Maiuri, l’archeologo che condusse gli scavi negli anni ’60.
Nel 1961, durante gli scavi a cielo aperto dell’antica Herculaneum, gli archeologi rinvennero lo scheletro di un giovane uomo di circa 20 anni, disteso su un letto di legno e sepolto dal fango vulcanico. Maiuri decise di lasciare volutamente incompleto lo scavo, conservando i resti e la porzione più superficiale del letto sotto una teca di vetro. In questo modo poteva offrire ai visitatori un’esperienza immersiva e far comprendere meglio la drammaticità dell’eruzione, che colse l’uomo nel sonno.
Le recenti ricerche hanno permesso di conoscere meglio l’edificio e, in particolare, la stanza del custode, caratterizzata da un dettaglio enigmatico: essa non prendeva luce ed aria dall’esterno, ma attraverso una finestra situata all’interno del Sacello, ed era dotata di una doppia serie di barre verticali. Questa struttura architettonica solleva interrogativi inquietanti: serviva per proteggere il custode da intrusioni esterne o per impedirgli di uscire? Ne sapremo di più molto presto.
Le analisi in corso e il restauro della Stanza del custode rappresentano un’importante opportunità per comprendere meglio non solo l’architettura e la funzione degli edifici di Ercolano, ma anche le dinamiche sociali e le condizioni di vita degli abitanti dell’epoca. Con il completamento dello studio, potremmo avere nuove risposte su uno dei misteri più affascinanti dell’antica città sepolta.