Cinzia Pinna uccisa con tre colpi di pistola al volto, quello fatale allo zigomo

Proseguono le indagini su due presunti complici che avrebbero aiutato Ragnedda a cancellare le tracce. Domani il Ris esaminerà le auto del killer e di un indagato.

Palau – L’autopsia sul corpo di Cinzia Pinna, la donna di 33 anni uccisa l’11 settembre scorso ad Arzachena, ha rivelato che la vittima è stata colpita da tre proiettili al volto, uno dei quali le è risultato fatale. Il colpo mortale l’ha raggiunta allo zigomo, trapassandole il viso con un foro d’uscita. Gli altri due spari l’hanno colpita di striscio, causando una lesione alla mascella.

A sparare sarebbe stato Emanuele Ragnedda, 41 anni, che dopo aver ucciso la donna ha nascosto il cadavere nel terreno della sua tenuta Conca Entosa. Per dodici giorni Cinzia era stata considerata scomparsa, fino a quando l’uomo non ha confessato il delitto, durante l’interrogatorio di convalida del fermo.

Ragnedda aveva indicato agli inquirenti i segni dei proiettili sul muro della tenuta e fatto trovare i bossoli, ma i proiettili non sono ancora stati recuperati. L’arma utilizzata è la Glock calibro 9 semiautomatica sequestrata al quarantunenne.

Le indagini della procura di Tempio Pausania si stanno ora concentrando sulla presenza di almeno due persone che avrebbero aiutato l’omicida nelle ore successive al femminicidio. Dall’ultimo sopralluogo condotto dal pool di esperti nella tenuta sarebbe emersa la certezza che due complici abbiano collaborato per ripulire l’abitazione dalle numerose tracce di sangue e far sparire gli indumenti, gli effetti personali e il cellulare della vittima.

Al momento risultano indagati per favoreggiamento un giovane di 26 anni, manutentore stagionale originario della Lombardia che lavorava in Costa Smeralda, e una ristoratrice di San Pantaleo, amica di Ragnedda. Le loro posizioni potrebbero aggravarsi oppure essere stralciate nelle prossime ore, in base alle nuove prove raccolte dagli inquirenti.

Domani gli specialisti del Ris di Cagliari torneranno in Gallura per effettuare accertamenti sulle automobili di Ragnedda e di Franciosi presso la caserma dei carabinieri di Olbia. Gli avvocati del giovane manutentore hanno richiesto ai pubblici ministeri un interrogatorio di garanzia per il loro assistito. I legali hanno inoltre precisato che il loro assistito non era dipendente della tenuta di Ragnedda e che tra i due non esisteva alcun rapporto di amicizia ma solo una semplice conoscenza.

Le indagini proseguono per ricostruire con precisione la dinamica dell’omicidio e stabilire eventuali responsabilità di chi potrebbe aver aiutato il killer a occultare le prove del crimine.