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Chi ha ucciso don Giuseppe?

Annullate le due sentenze di condanna a carico di don Piccoli il cui sangue era stato rinvenuto sul cadavere di Don Giuseppe: le tracce ematiche erano cadute sul cadavere durante l’estrema unzione e non nel corso di un’aggressione. Chi è dunque il colpevole?

TriesteHa rischiato di scontare 21 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio di don Giuseppe Rocco, strangolato il 25 aprile del 2014. Di quel tragico fatto di sangue avrebbe dovuto risponderne un altro prete, don Paolo Piccoli, 54 anni, originario di Verona, accusato e condannato in primo e secondo grado per omicidio volontario a scopo di rapina. Il prete veneto si è sempre professato innocente dunque non avrebbe mai ucciso don Rocco men che meno gli avrebbe sottratto i gioielli d’oro dalla sua camera del seminario. Gli Ermellini, al posto di confermare le condanne, hanno invece stabilito di rifare il processo annullando di fatto i precedenti verdetti.

La vittima, don Giuseppe Rocco

I magistrati della Suprema Corte avrebbero accolto il ricorso del prete, patrocinato dall’avvocato Vincenzo Calderoni, secondo il quale sarebbe stato violato il diritto alla difesa poiché non sarebbero stati ammessi i suoi consulenti in sede di perizia necroscopica. Le due sentenze di condanna dunque sarebbero state annullate perché gli accertamenti tecnici del Ris di Parma sulle tracce di sangue e la consulenza autoptica, entrambi utilizzati nei processi a carico di Piccoli, non sarebbero stati ammissibili poiché erano accertamenti irripetibili, ma don Piccoli non era stato avvisato per nominare i suoi esperti. Per la difesa dunque questo atteggiamento era stato considerato una sorta di macigno sul corretto funzionamento del giusto processo.

Ma torniamo un attimo indietro a quel tragico 25 aprile di 9 anni fa quando alcuni confratelli avevano rinvenuto, sul suo letto, il cadavere di don Rocco in una stanza della Casa del Clero di via Besenghi, a Trieste.  In un primo momento si era pensato ad autosoffocamento dell’anziano prete nel tentativo di aprirsi il colletto della camicia per respirare meglio.

Il seminario dove si è consumato il delitto

Poi grazie ad un esame strumentale piuttosto sofisticato i Pm Lucia Baldovin e Matteo Tripani, erano riusciti ad inchiodare l’unico imputato, don Paolo Piccoli, canonico della cattedrale dell’Aquila. La verifica scientifica aveva dimostrato la frattura dell’osso ioide, della cartilagine tiroidea e di quella aritenoidea della vittima. Tutti traumi causati dalla pressione del pollice di una mano, talmente violenta da arrivare sino alla base del collo:

… Sono i classici effetti dello strozzamento – si legge nella perizia processuale – la vittima sarebbe stata afferrata alla gola ad artiglio…Quel tipo di lesioni non possono essere auto inflitte anche perché la pressione interessa pure il seno carotideo, ed ha provocato l’arresto cardiaco…Una persona sviene prima, non può fare tutto ciò da sé, perché svenendo molla la mano. Mentre qui si sono rotte tre parti distinte…”.

Don Rocco presentava anche tracce ematiche dentro la bocca, segno questo che l’assassino nella sua furia omicida, per ammazzare il prete, gli aveva stretto le guance per poi graffiarlo sul collo nel tentativo di bloccare una sua reazione di difesa. Don Giuseppe Rocco è stato ucciso per un movente di rapina, poiché dalla sua stanza erano spariti oggetti d’oro. Durante le indagini gli inquirenti scoprivano che don Piccoli avrebbe sofferto di una patologia dermatologica che si manifestava con piccole perdite ematiche. Il sangue del canonico era stato rinvenuto sui vestiti della vittima e il Dna pare corrispondesse a quello dell’allora indagato per omicidio.

Don Piccoli in udienza

Ma proprio quel sangue, analizzato dal Ris dei carabinieri, sarebbe stato lasciato non durante l’aggressione ma con l’estrema unzione, ovvero quando il prete veronese si era inginocchiato accanto al letto su cui giaceva la salma del suo collega defunto: ”La Cassazione afferma un principio di diritto che ben due corti d’assise hanno disapplicato, così sbagliando e costringendo don Paolo – ha detto l’avvocato Vincenzo Calderoni – a vivere sotto processo per 9 anni con una condanna a 21 anni di cella”.

Il Ris durante un sopralluogo sulla scena del crimine

Adesso si rifarà un nuovo processo ma ora come allora don Piccoli urla la sua estraneità ai fatti: ”Sono innocente – aveva detto il sacerdote da subito –  contro di me hanno vinto i pregiudizi e le bugie. Vivo una grande sofferenza, come Giobbe sono stato messo alla prova…”. Se non è stato il canonico veneto, chi ha ammazzato don Giuseppe?

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