Cellulari in carcere: Gratteri, “service con tanto di tariffario, smartphone a mille euro” 

A seguito di due indagini si è scoperta una associazione criminale che distribuiva droga, telefoni e schede telefoniche in 19 carceri.

Napoli – Un “service” con “un vero e proprio tariffario” utilizzato da diversi clan della camorra. Così lo definisce il procuratore capo Nicola Gratteri, descrivendo l’organizzazione che dava la possibilità a detenuti reclusi in 19 istituti penitenziari italiani di ricevere, attraverso droni modificati, droga, schede telefoniche, cellulari di vario tipo per comunicare anche con l’esterno. In un caso, a Frosinone, è stata introdotta anche una pistola. A seguito di due indagini si è arrivati, oggi, all’esecuzione di 32 misure cautelari.

Nel corso di una conferenza stampa in Procura a Napoli, Nicola Gratteri spiega che “parliamo di una associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti proprio delle organizzazioni camorristiche che curano la distribuzione, l’assegnazione in 19 carceri d’Italia di droga, telefoni, schede telefoniche. C’era proprio un tariffario: uno smartphone costava 1000 euro; una scheda telefonica 250 euro. Mezzo chilo
di marijuana ad esempio 27 mila euro”.

L’organizzazione “serviva e seguiva i detenuti di camorra in tutte le carceri italiane, man mano che questi si spostavano e forniva – aggiunge il procuratore – la cocaina, la marijuana e i cellulari per comunicare tra loro e con l’esterno. Siamo riusciti a dimostrare – afferma il capo della Procura partenopea – come un esperto di
droni era in grado non solo di truccarli per trasportare maggiore peso, ma soprattutto per non essere controllato negli spostamenti”. Secondo Gratteri è urgente mettere in sicurezza le carceri italiane con dei Jammer, strumenti tecnologici per disturbare le frequenze, al fine di contrastare le organizzazioni criminali che utilizzano droni modificati per contattare direttamente i detenuti e permettere comunicazioni con l’esterno e lo spaccio in carcere.

Si tratta di un problema nazionale, osserva il procuratore, “un jammer costa 60mila euro. Si potrebbe partire dalle carceri più grandi d’Italia, come Secondigliano, come Rebibbia, Milano Opera, e poi pian piano attrezzare tutte le carceri; quantomeno dove c’è l’alta sicurezza. In ogni carcere ci sono cellulari – conclude, ricordando di aver già lanciato l’allarme in passato – le indagini di oggi riguardano detenuti in 19 carceri; abbiamo sequestrato qualche centinaio di telefonini, ma se in questo momento ci sono oltre 200 carceri in Italia, immaginate quanti telefonini ci sono in giro”.

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