Cecilia Sala racconta i suoi 21 giorni nel carcere di Evin tra accuse e paure

La giornalista a ‘Che tempo che fa’: “Interrogata incappucciata faccia al muro, non tornerò in Iran finché ci sarà Repubblica islamica”.

Roma – Per la prima volta dal suo rilascio, Cecilia Sala decide di raccontare in tv i suoi 21 giorni di detenzione nel carcere di Evin, in Iran. Giorni lunghissimi fatti di accuse e paure, di speranze e timori. Intervistata da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’ ripercorre quei momenti, senza mai dimenticare tutte quelle persone ancora detenute “che non hanno la fortuna di avere alle spalle un Paese che ti protegge e si prende cura di te”. Per sopravvivere – afferma – “ho pensato alle cose belle della mia vita e al fatto che prima o poi le avrei riavute”.

La giornalista sottolinea: “Sono stata fortunatissima a stare lì dentro solo 21 giorni. Il recupero è più rapido rispetto a tante altre persone rimaste lì centinaia di giorni. Sono stata liberata in tempi assolutamente veloci, è stato un lavoro che non si vedeva in tempi così rapidi dagli anni Ottanta”, ha aggiunto Sala sottolineando: “non tornerò in Iran, almeno finché ci sarà la Repubblica Islamica”. Parlando della detenzione ripercorre con la mente “il tempo che ti spezza”, come dice lei stessa. “Mi hanno prelevata nella mia camera d’albergo mentre stavo lavorando – racconta -. In macchina ero incappucciata con la testa abbassata verso il sedile. Ho capito che mi stavano portano in carcere dal rumore del traffico e dalla strada che stavamo facendo”.

Cecilia Sala

L’isolamento è stato il momento più drammatico, con i rumori “strazianti” che arrivavano dalle altre celle, “pianti” o “tentativi di farsi del male”. “In una cella accanto c’era una ragazza che prendeva la rincorsa per sbattere più forte che poteva la testa contro la porta – racconta ancora -. Durante una telefonata a Daniele (il compagno, ndr) gli ho detto di avere paura per la mia testa, avevo paura di perdere il controllo”. Le preoccupazioni più grandi, ricorda ancora, erano legate alla crisi mediorientale e all’imminente insediamento di Donald Trump. Ore terribili, interrogatori infiniti “incappucciata con la faccia rivolta al muro”, in isolamento a “leggere le istruzioni delle buste o a contare le dita delle mani”.

Solo il giorno dopo l’arresto le è stato concesso di fare le telefonate di rito all’ambasciata o ai familiari “per giustificare la mia sparizione”. “Nei primi 15 giorni della detenzione mi interrogavano tutti i giorni – spiega -. Il giorno prima del rilascio mi hanno tenuta dieci ore di fila, sempre incappucciata. In uno degli interrogatori sono crollata e mi hanno dato una pasticca per calmarmi. Mi interrogava sempre la stessa persona in perfetto inglese e da quello che diceva capivo che conosceva molto bene l’Italia”. “Dovete fare presto”, era stata una telefonata drammatica e carica di angoscia quella che aveva potuto fare Cecilia Sala alla famiglia dal carcere di Evin. Aveva raccontato di dormire sul pavimento con due coperte, una per coprirsi e una sotto, in regime di isolamento. Nella cella non c’era neanche una brandina, solo una luce accesa 24 ore su 24.

Il ruolo di Elon Musk nella vicenda

E ancora, durante l’intervista si è parlato anche del presunto coinvolgimento di Elom Musk.  “Nessuno della mia famiglia ha mai parlato con Elon Musk – ha detto -. Il mio compagno ha contattato il referente, Andrea Stroppa, chiedendogli se potesse far arrivare la notizia a Musk, che qualche mese prima aveva incontrato l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, un evento storico dopo la crisi del ’79. Gli ha chiesto se potesse fare arrivare la notizia e l’unica risposta ricevuta è stata ‘informato'”. Poi il rilascio. Cecilia Sala ricorda la sua diffidenza quando, la mattina dell’8 gennaio, le comunicano che sarà rilasciata. “Pensavo che le persone che mi erano venute a prendere fossero i pasdaran e non l’intelligence iraniana – dice -. Credevo mi stessero portando in una delle loro basi militari, quando poi all’aeroporto militare mi hanno sbendata e ho visto una faccia italianissima con un abito grigio ho fatto il sorriso più grande della mia vita”.

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