I vescovi eletti devono essere graditi al governo cinese e non debbono intromettersi nelle turpi faccende che hanno a che vedere con le violazioni dei diritti civili.
CdV – Continuano a volare stracci all’ombra del Cupolone. Mentre l’ex cardinale Angelo Becciu e lo staff della Segreteria di Stato Vaticana, sembrano coinvolti nelle indagini sull’utilizzo, poco caritatevole, dei fondi destinati alle opere umanitarie, con tanto di “femme fatale“ uscita dalle carte degli inquirenti, il fior fiore della nomenclatura episcopale continua a darsele di santa ragione, alla faccia dell’enciclica papale Fratelli Tutti, che auspica un ritorno alla fratellanza.
Il buon esempio non sembra essere dalle parti del Vaticano, dove il protagonista dell’ultima lite da cortile è il cardinale Joseph Zen Ze-Kliun, ultraottantenne vescovo emerito di Hong Kong, che avrebbe apostrofato come bugiardo senza fede il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità dal 2013, praticamente il braccio destro del pontefice.
“…Parolin sa di mentire, sa che io so che è bugiardo, sa che io dirò a tutti che è bugiardo, dunque oltre ad essere sfacciato, è anche audace – avrebbe dichiarato Zen in video conferenza ad un evento organizzato dal quotidiano cattolico La Nuova Bussola Quotidiana – ma ormai che cosa non oserà fare, penso che non tema neanche la sua coscienza…Temo che non abbia neanche la fede…“.
La rabbia del porporato asiatico è dovuta all’imminente termine dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, il prossimo 22 ottobre, che il Papa ha tutte le intenzioni di reiterare. Evidentemente preoccupato dal fatto che i termini del nuovo documento sono segreti ma Zen si è scagliato contro le dichiarazioni di Parolin, che lo scorso 3 ottobre spiegò che gli eventi riguardanti la vita della Chiesa cattolica in Cina, o i collegamenti con questioni politiche, nulla avrebbero a che fare con questo accordo che invece concerne esclusivamente la nomina dei vescovi. Omettendo la parte fondamentale: i vescovi devono essere graditi al governo cinese quindi poco propensi ad intromettersi sulle violazioni dei diritti civili. Vatti a sbagliare.
Le frizioni con la Santa Sede hanno origini lontane. Zen è stato vittima di una sorta di bullismo ecclesiale a causa delle sue posizioni sulla “real politik” di Papa Francesco nei confronti della Cina. A fine settembre era giunto a Roma per chiedere a Bergoglio di non sottoscrivere l’accordo.
Ma Sua Santità non lo avrebbe degnato di attenzione, mentre precedentemente aveva subito una pubblica diffida, da parte del decano del collegio cardinalizio (l’organo che elegge il Papa) Giovanni Battista Re, che sostanzialmente lo invitava a stare al suo posto.
Dichiarazioni che hanno scatenato l’anziano porporato, protagonista per anni di una strenua lotta contro le discriminazioni dei cattolici in Cina, per il quale il documento attuale è stato utilizzato dal governo cinese come strumento di propaganda, per dimostrare all’opinione pubblica che il Vaticano si disinteressa beatamente delle sorti dei fedeli. Altro che bruscolini.