Cda Rai, le nomine rimandate a settembre. Usigrai “Va tolta dal controllo dei partiti”

Il voto in Parlamento è stato fissato per il 12 settembre: Tajani “non ci sarà nessun vertice di maggioranza, non si decide adesso”.

Roma – La partita per le nomine del Cda Rai non si chiuderà prima della pausa estiva. La corsa si arresta e riprenderà alla ripresa dei lavori: è stato fissato per il 12 settembre il voto in Parlamento. Lo conferma una nota di Palazzo Madama: le commissioni del Senato riprenderanno i propri lavori dopo la pausa estiva dei lavori parlamentari martedì 3 settembre. Lo ha deciso la Conferenza dei capigruppo. L’Aula tornerà a riunirsi la settimana successiva da mercoledì 11 settembre con all’ordine del giorno Ddl di ratifica di accordi internazionali. Giovedì 12 è prevista la votazione per l’elezione di due componenti del Consiglio di amministrazione della Rai, il sindacato ispettivo e, alle 15, il question time.

Intanto la premier Giorgia Meloni, dopo la missione in Cina e la visita a Parigi per i Giochi olimpici, è tornata a lavoro a Palazzo Chigi. Del vertice di maggioranza di cui si è discusso in questi giorni ne dà notizia il vicepremier Antonio Tajani, che afferma: “Ne hanno parlato solo i giornali, ma non è stato mai annunciato, non è previsto nessun vertice. Il segretario nazionale di Forza Italia, a margine di una conferenza stampa nella sede del partito aggiunge: “ci vedremo al Cdm, domani, ma non è previsto alcun incontro di maggioranza anche perché sulle nomine Rai non si vota adesso”. Dunque, il Cda Rai è rimandato a settembre.

Intanto l’esecutivo dell‘Usigrai denuncia che “da settimane la Rai è ferma nella palude. Da settimane assistiamo a un ignobile mercato delle vacche per i ruoli apicali e per le direzioni”. E aggiunge: “Si tratta sulle poltrone mentre il pavimento della casa sta per crollare”. “Si parla di privatizzazione – con i peana di certi quotidiani che percepiscono finanziamenti dal fondo per il pluralismo alimentato dal canone Rai – per non affrontare, invece, il vero problema: la legge che decide la governance della Rai, consegnata dalla riforma Renzi – continua l’Usigrai – nelle mani dell’esecutivo di turno. Discussioni strumentali pur di non applicare l’European Media Freedom Act che impone agli stati membri che a nominare gli amministratori del servizio pubblico non sia il governo. Regolamento europeo che impone anche certezza e indipendenza di risorse per i servizi pubblici radiotelevisivi”.

Eppure la Rai, “nonostante i colpi alle fondamenta inferti da questo vertice che ha fatto fuggire volti noti e interi settori di pubblico verso competitor privati per perseguire un delirante ‘cambio di narrazione’, – conclude la nota – ha ancora un ruolo centrale nella vita del Paese. Lo vediamo dai grandi eventi sportivi come le Olimpiadi, da Sanremo, dall’informazione sui più importanti fatti di cronaca (elezioni francesi a parte), ma anche dalla capillare informazione regionale sul territorio, che nonostante i continui tagli lineari al budget, non perde ascolti. La Rai è un patrimonio del Paese: va tolta dal controllo dei partiti (tutti), affidata a manager preparati e indipendenti, nell’esclusivo interesse dei cittadini“. 

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