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Caso Resinovich: il fratello attacca il tecnico anatomopatologo: “Fantoccio pericoloso”

8 Maggio 2025 di Mario Galloni

L’uomo ha confessato di aver provocato post mortem la frattura sul corpo della donna. Sergio Resinovich: “Perché parla soltanto ora?”

Trieste – Il caso di Liliana Resinovich, la 63enne triestina scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata morta il 5 gennaio 2022, si arricchisce di un nuovo, controverso capitolo. Sergio Resinovich, fratello della vittima, ha lanciato un’accusa durissima contro il preparatore anatomico che, nei giorni scorsi, si è presentato spontaneamente agli inquirenti dichiarando di poter essere responsabile della frattura vertebrale riscontrata durante la seconda autopsia sul corpo di Liliana.

In un comunicato, Sergio definisce il tecnico un “fantoccio pericoloso” che “va licenziato” e annuncia un’azione formale presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI) per chiederne la rimozione. Le sue parole, cariche di indignazione, sollevano interrogativi su presunte omissioni, superficialità e possibili tentativi di copertura, mentre la famiglia continua a chiedere giustizia per quella che considera un’uccisione brutale: “Lilly è stata picchiata e subito dopo è morta”.

Il colpo di scena era arrivato il 6 maggio, quando un giovane preparatore anatomico triestino, coinvolto nell’autopsia dell’11 gennaio 2022, si è presentato agli inquirenti ipotizzando che la frattura alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2, rilevata nella seconda autopsia condotta dall’antropologa forense Cristina Cattaneo, possa essere stata causata da sue manovre post-mortem. Il tecnico non esclude che movimenti effettuati sul cadavere durante l’esame possano aver provocato la lesione, non rilevata dalla TAC dell’8 gennaio 2022. La sua testimonianza, che sarà presto vagliata dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, ha riacceso il dibattito tra i consulenti della difesa di Sebastiano Visintin, marito di Liliana e unico indagato per omicidio, e quelli della famiglia, che vedono nella frattura un possibile segno di violenza.

La consulenza Cattaneo, depositata a marzo 2025, ha concluso che Liliana è stata uccisa mediante “soffocamento esterno”, probabilmente tramite una compressione al collo, escludendo il suicidio ipotizzato dalla prima autopsia di Fulvio Costantinides e Fabio Cavalli. La frattura vertebrale, pur non legata direttamente alla causa della morte, è stata al centro di un acceso scontro: per i familiari, potrebbe indicare un’aggressione, mentre la difesa di Visintin suggerisce che sia un danno accidentale, forse avvenuto durante il recupero del corpo o l’autopsia.

Sergio Resinovich, che da anni si batte contro l’ipotesi del suicidio e ha denunciato “errori imperdonabili” nella prima autopsia, non accetta la versione del tecnico. In un’intervista alla trasmissione “Chi l’ha visto?” definisce la sua dichiarazione “grottesca” e “rispettosa né di Liliana né della verità”. Sergio solleva una serie di critiche: “Perché parla solo ora, dopo tre anni e dopo il mio esposto all’Ordine dei Medici contro i periti della prima autopsia?”, si chiede. Se la frattura fosse stata causata durante l’esame, il tecnico avrebbe dovuto segnalarlo immediatamente, trattandosi di un accertamento per un possibile omicidio.

Sergio accusa il tecnico di “parlare di Lilly come di un sacco di patate”, divulgando dettagli sensibili alla stampa invece di limitarsi a riferirli agli inquirenti o ai superiori. “Parla di fatti mai annotati, mai evidenziati, che quindi non esistono”, aggiunge, sottolineando che durante l’autopsia erano presenti più professionisti, inclusi i consulenti di parte della famiglia, che non hanno mai riportato incidenti.

“Chi vuole coprire?”, insiste Sergio, suggerendo che la dichiarazione possa servire a sminuire l’importanza della frattura e a proteggere responsabilità non chiarite. La sua ipotesi è che il tecnico stia cercando di “normalizzare” un trattamento scorretto dei cadaveri, come se a Trieste fosse prassi “spezzare vertebre ed ossa” durante le autopsie. il fratello di Liliana annuncia un’azione formale presso l’ASUGI per chiedere il licenziamento del tecnico e invoca l’intervento degli ispettori del Ministero della Salute per indagare su “anomalie, omissioni e superficialità” nella gestione del caso, a partire dalla prima autopsia, definita dal legale della famiglia, Nicodemo Gentile, “gravemente lacunosa”.

Sergio chiarisce che la frattura vertebrale, pur al centro della polemica, “non rileva rispetto alla causa della morte”. La consulenza Cattaneo ha infatti evidenziato sul corpo di Liliana segni di violenza incompatibili con una caduta: lesioni al labbro, al capo, alla palpebra destra, al muscolo temporale sinistro, oltre a piccole emorragie petecchiali e un’infiltrazione emorragica alla lingua, coerenti con un’aggressione. “Lilly è stata prima picchiata e subito dopo è morta”, afferma Sergio, ribadendo che l’omicidio è avvenuto il 14 dicembre 2021, giorno della scomparsa, come confermato dalla perizia.

Il fratello, supportato dall’avvocato Gentile, chiede che le indagini si concentrino su chi era con Liliana quel mattino. Le telecamere la riprendono alle 8.41 davanti alla scuola di polizia e poco prima delle 9 vicino a un negozio di frutta, con uno “sguardo preoccupato”, secondo la testimonianza di una fruttivendola. La Procura sta analizzando i dati dei due smartphone di Liliana, sequestrati al marito, nella speranza di trovare indizi. Intanto, Sebastiano Visintin, indagato per omicidio, resta sotto la lente degli inquirenti, nonostante i suoi legali chiedano una terza perizia per risolvere il contrasto tra le due autopsie.

Categorie CRONACA, IN EVIDENZA Tag autopsia, cronaca, frattura vertebrale, Liliana Resinovich, omicidio, Procura Trieste, Sebastiano Visintin, Sergio Resinovich, tecnico anatomopatologo, trieste
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