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Caso Pifferi: avvocati in sciopero contro l’inchiesta parallela su legale e psicologhe

Il pm al processo: “imbeccata da altri, il presunto abuso che avrebbe subito quando era minore è assolutamente falso”.

Milano – Il filone di inchiesta parallelo al caso di Alessia Pifferi, che vede indagate due psicologhe del carcere e il difensore Alessia Pontenani per falso e favoreggiamento, sembra sul punto di allargarsi. Sono infatti in corso accertamenti su altre due professioniste che, come ha sottolineato in aula anche lo stesso pm Francesco De Tommasi, avrebbero messo mano ai test somministrati all’imputata e alla successiva relazione con la quale le veniva diagnosticato un grave deficit cognitivo. 

“Nessuno è padrone esclusivo del processo e delle sue regole, il processo è di tutti e le barricate non servono a niente, siamo tutti parte di un meccanismo che se non funziona fa un danno enorme: il processo deve essere giusto”. Lo hanno sottolineato i rappresentanti della Camera penale di Milano nel momento di confronto che c’è stato nella maxi aula d’Assise d’appello, tra avvocati e magistrati in occasione dell’astensione dei penalisti milanesi oggi in concomitanza con l’udienza del processo ad Alessia Pifferi.

Alessia Pifferi in Aula con il suo legale

Uno sciopero, indetto dalla Camera Penale e a cui ha aderito l’Ordine degli avvocati milanesi, per protestare contro i metodi dell’inchiesta parallela aperta dal pm Francesco De Tommasi a carico dell’avvocatessa Alessia Pontenani, che difende la donna imputata per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, e delle due psicologhe di San Vittore, tutte accusate di falso e favoreggiamento. Per i legali milanesi la nuova inchiesta aperta a processo in corso, con tanto di perquisizioni, ha violato il diritto di difesa e il principio del giusto processo ed è stata una “ingerenza” da parte del pm.

“La Camere penale ha reagito – ha spiegato l’avvocato Francesco Sbisà – non perché è indagato un difensore, anche se fossero state indagate le sole psicologhe, proprio per l’oggetto dell’accusa, la tempistica e la metodica saremmo comunque intervenuti”. Gli avvocati insistono: “Serve una presa di posizione chiara sui fatti da parte dei vertici della Procura” e auspicano “un intervento al fine di verificare eventuali violazioni, anche di carattere disciplinare, e al fine di porre rimedio, per quanto possibile, al turbamento già creato al processo in corso”.

In aula intanto prosegue il processo. Il pm De Tommasi è intervenuto per opporsi alla richiesta della difesa di ottenere un rinvio del processo. “Se la finalità è quella di insistere sulla validità di quella nota relazione, io preannuncio che fornirò nero su bianco la prova che l’imputata ha reso, nei colloqui col perito, delle dichiarazioni precostituite e imbeccate da altri”, ha detto. “Vi fornirò la prova che il presunto abuso sessuale subito quando era minore” e di cui ha parlato durante i colloqui col perito, “è assolutamente falso e che questo racconto è frutto di un suggerimento preciso che è stato dato all’imputata”.

Tribunale di Milano

Nel suo intervento il sostituto procuratore, che alcune settimane fa ha iscritto nel registro degli indagati le due psicologhe del carcere e il difensore ha poi accennato alla possibilità del coinvolgimento di altre professioniste. Non soltanto le psicologhe su cui sta indagando, quindi, ma almeno altre due che non comparirebbero nella relazione. In precedenza lo psichiatra Elvezio Pirfo, nominato dalla Corte d’Assise di Milano per eseguire la perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, aveva sottolineato che è stato “inappropriato il modo in cui si è organizzata l’attività psicologica” nei confronti della donna in carcere in quanto dal diario clinico non è mai emerso un “rischio suicidario né scompensi di tipo psicotico”.

Al tempo stesso, inoltre, “il test di Wais” che le è stato somministrato dalle psicologhe del carcere “non è attendibile e non è utilizzabile in questa valutazione”. Sulla possibilità che Pifferi sia stata suggestionata dalle due professioniste, Pirfo ha spiegato di non poter rispondere “non avendo disponibilità delle registrazioni. Ma c’è un elemento fondamentale”, ha aggiunto. “Come si evince dai colloqui, Pifferi utilizza spesso espressioni psicologiche. Questo vuol dire anche che c’è una capacità di apprendimento. Le parole usate dalle psicologhe nel corso dei colloqui vengono comprese, apprese e riutilizzate. Non sono in grado di dire se ci sia stata suggestione, ma sicuramente apprendimento”.

Nel corso dei colloqui, la donna “si è presentata particolarmente curata rispetto all’ambiente detentivo, anche se la partecipazione affettiva è sempre parsa non congrua”. Lo psichiatra ha infatti riscontrato una “distanza emotiva e affettiva dalle cose raccontate”, anche sulle “vicende per le quali è detenuta”, rimanendo sempre “uguale e piatta”. Arrestata nel luglio 2022, Pifferi è accusata di aver lasciato morire di stenti la sua bimba di 18 mesi, lasciandola da sola per 6 giorni nella loro abitazione a Milano.

Il controesame di Pirfo, che ha ritenuto la Pifferi capace di intendere e volere, è stato fissato per il prossimo 15 marzo. La difesa ha chiesto infatti un rinvio, definito “pretestuoso” dal pm Francesco De Tommasi, per poter studiare gli allegati alla perizia disposta dalla Corte d’Assise di Milano. Le ultime udienze, per la discussione, sono state fissate per il 13 maggio e il 10 giugno.

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