I risultati preliminari dell’esame sul corpo del presunto bandito escludono il colpo ravvicinato. I due agenti indagati potrebbero trarne vantaggio. Attesi accertamenti balistici.
Taranto – Non è morto sul colpo Michele Mastropietro, il 59enne di Carosino coinvolto nel conflitto a fuoco con le forze dell’ordine che il 12 giugno è costato la vita al brigadiere capo dei carabinieri Carlo Legrottaglie. Secondo i risultati dell’autopsia, eseguita dal medico legale Roberto Vaglio, l’uomo è deceduto per dissanguamento, durante la fuga a piedi nelle campagne tra Francavilla Fontana e Grottaglie.
Due ferite da arma da fuoco, ma nessun colpo ravvicinato
Sul corpo di Mastropietro sono state riscontrate due ferite da arma da fuoco: una al braccio destro, di striscio, e l’altra all’emitorace sinistro, che ha causato una grave emorragia polmonare. Secondo quanto si è appreso, il proiettile non avrebbe causato una morte immediata, ma un lento declino per emorragia interna, sopraggiunta durante la fuga.
Importante il fatto che l’autopsia escluda una distanza ravvicinata nello sparo: un elemento che potrebbe risultare favorevole per la posizione dei due agenti indagati, difesi dagli avvocati Antonio Maria La Scala e Giorgio Carta.
Indagini incrociate e inchieste parallele
Al momento, non è stato possibile determinare con certezza la direzione del colpo letale: non è chiaro se sia stato esploso frontalmente o alle spalle. Nessun segno di colluttazione è stato rilevato sul corpo.
La relazione definitiva dell’esame autoptico sarà depositata entro 60 giorni. Parallelamente, il pm Francesco Ciardo valuta la nomina di un perito balistico per ricostruire con precisione la dinamica dello scontro a fuoco.
Intanto, i due agenti – oltre ad essere indagati – sono parte offesa in un altro procedimento che vede imputato Camillo Giannattasio, il complice di Mastropietro, che si è arreso durante la fase finale della fuga ed è accusato di tentato omicidio e lesioni gravi in concorso con il 59enne.