Allora fu respinta la richiesta dei familiari di Chiara Poggi di effettuare nuovi esami genetici su pantaloncini, maglietta e martello. Le consulenze del 2007 esclusero profili diversi da quello della vittima. Intanto i legali di Sempio studiano l’opposizione all’incidente probatorio.
Pavia – “Assenza di evidenze significative ai fini delle indagini.” Con questa motivazione, la Corte d’Appello di Milano, nella sentenza del 2011, respinse la richiesta dei familiari di Chiara Poggi di effettuare ulteriori analisi genetiche su una serie di reperti legati all’omicidio della 26enne, uccisa il 13 agosto 2007 nella sua villetta di Garlasco (Pavia). La parte civile, rappresentata dagli avvocati Gian Luigi Tizzoni e Francesco Campagna, aveva insistito per nuovi esami su pantaloncini, maglietta, braccialetti, un orologio e il martello sequestrato a casa di Alberto Stasi, l’ex fidanzato assolto due volte prima della condanna definitiva nel 2015. Ma la Corte chiuse la porta: quegli accertamenti, disse, erano già stati fatti.
Il verdetto di secondo grado, che confermò l’assoluzione di Stasi poi ribaltata nell’appello bis, si basò sulle consulenze tecniche disposte dai pm nell’agosto 2007. I reperti, analizzati subito dopo il delitto, non avevano fornito sorprese: “Dai prelievi effettuati in sede autoptica non è stato ottenuto alcun profilo genotipico diverso da quello della vittima,” scrissero i periti. Nessun DNA estraneo su Chiara, né tracce rilevanti sugli oggetti sequestrati, incluso il martello che i familiari indicavano come possibile arma del delitto—ipotesi mai provata. La Corte ritenne superflue ulteriori indagini, sottolineando che il materiale era già stato scandagliato a fondo.

Una battaglia processuale
Il caso di Chiara Poggi, uno dei delitti più noti della cronaca italiana, ha attraversato un iter giudiziario tormentato. Stasi, unico imputato, fu assolto in primo grado nel 2009 e in appello nel 2011. La svolta arrivò solo con l’appello bis, ordinato dalla Cassazione nel 2014: nel 2015, la Corte d’Appello di Milano lo condannò a 16 anni per omicidio volontario, pena confermata in via definitiva nel 2016. A pesare, non il DNA—mai trovato sui reperti—ma indizi come le impronte della bicicletta e le contraddizioni nel suo alibi. I familiari, guidati dalla madre Rita Preda e dal padre Giuseppe Poggi, non si sono mai arresi, cercando fino all’ultimo spiragli per rafforzare le prove.
La richiesta del 2011 di nuovi esami genetici fu un tentativo disperato di colmare i vuoti. “Volevamo certezze assolute,” dichiarò anni fa l’avvocato Tizzoni, lamentando che alcune analisi fossero state, a loro avviso, troppo frettolose. La Corte, però, non cedette: le consulenze del 2007, condotte dal pool della Scientifica diretto da Pietro Saban, erano considerate esaustive. Il martello, i vestiti di Chiara e gli altri oggetti restarono muti, senza offrire quel “profilo genetico diverso” che avrebbe potuto cambiare il corso del processo. Tanto più che molti dei reperti – tra cui il pigiama che la ragazza indossava la sera del delitto – sono andati distrutti nel 2022, smaltiti per questioni logistiche e per fare spazio.

Un caso ancora vivo
A quasi 18 anni dal delitto, il nome di Chiara Poggi torna a fare notizia, complici documentari e un interesse mediatico mai sopito. Stasi, oggi 41enne, sconta la pena nel carcere di Bollate e potrebbe chiedere la semilibertà entro il 2026, avendo scontato metà della condanna. Ma per i familiari, la verità resta incompleta. “Quelle analisi potevano fare la differenza,” ha ribadito di recente Francesco Campagna, rievocando la sentenza del 2011 come un’occasione persa. Eppure, la giustizia ha seguito il suo corso, basandosi su ciò che c’era—o non c’era—sui reperti di Garlasco.
L’incidente probatorio per Sempio: si opporrà?
Ora l’attesa è tutta per l’incidente probatorio chiesto dalla Procura di Pavia, che comporterà le analisi genetiche a tappeto sul dna di Andrea Sempio e la comparazione con i risultati di quello trovato su dita e unghie di Chiara Poggi e per altri accertamenti su campioni biologici e reperti della vittima mai analizzati o che hanno dato esito dubbio. A tal proposito, la difesa di Sempio – coi legali Massimo Lovati e Angela Taccia – sta lavorando in queste ore ad un’eventuale opposizione alla richiesta. Una consulenza dei pm ha già fornito un match tra il profilo del nuovo indagato e quegli esiti sul materiale rinvenuto sulla studentessa.
E’ possibile, dunque, che nelle prossime ore o giorni i legali depositino al gip l’atto di opposizione.
Nel frattempo, stanno cercando di accedere al fascicolo per verificare su quali campioni e reperti, mai esaminati o che diedero esiti incerti, come scritto dai pm, la Procura intende fare le nuove analisi.
Reperti e campioni che, infatti, non sono indicati nell’istanza dei pm al gip, ma in alcuni allegati del fascicolo che la difesa non ha ancora potuto vedere.
Si può suppore che quei ‘nuovi’ campioni e reperti, che la Procura indica di aver trovato all’Unità di medicina legale dell’Università di Pavia, riguardino tamponi effettuati su Chiara, il tracciato sul materiale del tappetino del bagno e altri prelievi eseguiti all’epoca. Le analisi genetiche, secondo i pm, devono essere fatte anche su tutti i “para-adesivi delle impronte rinvenute sulla scena del crimine e sugli oggetti analizzati”. Tra questi, le fascette delle impronte sul dispenser del sapone in bagno e sulla porta dell’abitazione e della cantina.