Caso Almasri, archiviata l’indagine per Giorgia Meloni: “Era informata ma senza prove di partecipazione attiva”

Il Tribunale dei ministri assolve la premier per peculato e favoreggiamento. Restano indagati Mantovano, Piantedosi e Nordio.

Roma – Il Tribunale dei ministri ha archiviato la posizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel caso Almasri, il generale libico accusato di crimini di guerra arrestato e poi rilasciato dalle autorità italiane lo scorso gennaio. Secondo i magistrati, “gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna” per i reati di peculato e favoreggiamento.

Le motivazioni dell’archiviazione

Il provvedimento, firmato dalle magistrate Maria Teresa Cialoni, Donatella Cesari e Valeria Cerulli, si basa sulla distinzione tra responsabilità politica e penale. “L’assunzione di responsabilità politica è distinta e retta da principi diversi rispetto a quelli della responsabilità penale”, scrivono le giudici.

Elemento cruciale per l’archiviazione è stata l’impossibilità di dimostrare una partecipazione attiva della premier: “Gli elementi indiziari non sono dotati di gravità, precisione e concordanza tali da consentire di affermare in che termini e quando la presidente del Consiglio sia stata preventivamente informata e abbia condiviso la decisione assunta nelle riunioni, rafforzando con questa adesione il programma criminoso”.

Il ruolo chiave delle dichiarazioni di Caravelli

Ad alleggerire la posizione di Meloni sono state le dichiarazioni di Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise (servizio segreto estero), che ha confermato come la presidente del Consiglio “era stata sicuramente informata” ma ha precisato che “non compare alcun dettaglio o elemento circa la portata, natura e finalità dell’informazione, specie sotto la condivisione delle ‘decisioni’ adottate”.

meloni
Giorgia Meloni

Le decisioni in questione sono due aspetti centrali del caso: la mancata trasmissione alla Corte d’appello di Roma dei documenti preparati dal ministero della Giustizia (rimasti sul tavolo della capa di gabinetto Giusi Bartolozzi, la cui posizione è all’attenzione della procura) che avrebbero evitato la scarcerazione di Almasri, e la decisione di espellerlo immediatamente per ragioni di sicurezza, accompagnandolo addirittura in Libia con un aereo di Stato.

Gli altri indagati verso l’autorizzazione a procedere

Mentre Meloni esce pulita dall’inchiesta, restano sotto procedimento il sottosegretario Alfredo Mantovano e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per peculato e favoreggiamento. Il Guardasigilli Carlo Nordio è accusato degli stessi reati più l’omissione di atti d’ufficio.

Carlo Nordio

Il provvedimento di archiviazione per la premier lascia intendere che per i tre si apra la strada dell’autorizzazione a procedere al Parlamento. Secondo fonti parlamentari, al momento nessun documento sarebbe ancora giunto alle Camere. Per Mantovano e Piantedosi, non eletti in quanto mai candidati, l’autorizzazione dovrà essere votata al Senato, mentre per Nordio, parlamentare eletto, l’eventuale richiesta andrebbe alla Camera.

Il precedente senza precedenti

La vicenda Almasri ha rappresentato un caso diplomatico e giudiziario senza precedenti: un generale libico accusato di crimini di guerra dalla Corte Penale Internazionale, arrestato su mandato europeo e poi rilasciato e rimpatriato con un volo di Stato. Una sequenza di eventi che ha sollevato interrogativi sulle procedure seguite e sul coordinamento tra i diversi ministeri coinvolti.

Corte Penale Internazionale

Il Tribunale dei ministri, accogliendo il parere del procuratore Francesco Lo Voi inviato il 7 luglio scorso, ha così chiuso il capitolo giudiziario per la presidente del Consiglio ma ha aperto quello politico-parlamentare per i suoi più stretti collaboratori.

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