Il ministro dell’Interno ribadisce la linea dura: “La sede di CasaPound a Roma non fa eccezione”. La replica: “Non arretreremo”.
Rimini – “Anche CasaPound rientra negli sgomberi. Sono stato da prefetto di Roma quello che l’ha inserito nell’elenco dei centri da sgomberare; prima o poi arriverà anche il suo turno”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha confermato oggi, a margine del Meeting di Rimini, che la sede di CasaPound in via Napoleone III a Roma è destinata allo sgombero.
La sede di CasaPound, occupata abusivamente da oltre vent’anni, è di proprietà del Demanio dello Stato. Nonostante ciò, l’immobile è stato escluso da precedenti interventi di sgombero. Nel 2019, l’insegna fu rimossa, ma l’occupazione è proseguita senza interventi significativi.
A riaccendere il riflettori sulla questione è stato il recentissimo sgombero del centro sociale Leoncavallo a Milano. Alcuni esponenti politici del centrodestra, come il ministro Alessandro Giuli, avevano suggerito che la sede di CasaPound potesse essere “legalizzata” attraverso l’acquisto dell’immobile da parte del Comune di Roma, come avvenuto in altri casi.
Attualmente, la Prefettura di Roma ha avviato un censimento delle persone presenti nella sede di CasaPound e in altre occupazioni, come SpinTime. Secondo dati ufficiali, nel Lazio sono attive 48 occupazioni di area anarco-antagonista, seguite da 25 in Lombardia e 15 in Campania.
Nonostante le dichiarazioni ufficiali, CasaPound ha annunciato la propria intenzione di resistere a qualsiasi tentativo di sgombero. “Non arretreremo”, fanno sapere dal movimento, mentre alcuni esponenti politici del centrodestra sostengono che la sede di via Napoleone III non sia paragonabile all’occupazione abusiva del Leoncavallo.