Il 16 agosto 1944 a Carpi sedici partigiani e civili furono fucilati da reparti fascisti della RSI come rappresaglia per l’uccisione di un ufficiale della GNR. La piazza principale della città è oggi intitolata ai Martiri.
Modena – Il 16 agosto 1944 Carpi fu teatro di una delle più brutali rappresaglie fasciste della Seconda guerra mondiale. Nella centrale piazza cittadina, oggi ribattezzata piazza dei Martiri, sedici uomini – partigiani e civili – furono fucilati da reparti militari e paramilitari della Repubblica Sociale Italiana, davanti agli occhi della popolazione.
L’uccisione del colonnello e la rappresaglia
Il giorno precedente, 15 agosto 1944, il colonnello della Guardia Nazionale Repubblicana Filiberto Nannini venne ucciso da un gruppo di gappisti mentre si spostava in bicicletta da Migliarina a Carpi. La notizia scatenò una violenta reazione delle forze fasciste locali, decise a colpire duramente chiunque fosse sospettato di legami con la Resistenza.
Fu così organizzato un rastrellamento nelle campagne a nord-ovest della città. Reparti della GNR di Modena e della Brigata Nera di Carpi agirono tra Budrione, Fossoli, Migliarina e Rio Saliceto, sparando all’impazzata e terrorizzando la popolazione. Nel corso delle operazioni vennero uccisi il contadino Giuseppe Lusetti e persino un militare della stessa RSI, colpito per errore.
Nonostante molti partigiani fossero riusciti a mettersi in salvo, circa 120 persone furono arrestate, sospettate di antifascismo o di complicità con i ribelli.
La prigionia e la strage
Nella mattina del 16 agosto i prigionieri furono concentrati in una villa di Carpi, interrogati e sottoposti a violenze. Tra loro vi era anche Walter Lusvardi, partigiano carpigiano che si consegnò spontaneamente per salvare il fratello, già arrestato.
La decisione di uccidere i prigionieri venne presa poche ore dopo. Nel tardo pomeriggio, mentre in città si celebravano i funerali del colonnello Nannini, sedici uomini furono condotti nella piazza principale, fatti sdraiare a terra di fronte al Castello dei Pio e fucilati con raffiche di mitra. I loro corpi rimasero esposti fino al giorno seguente, monito sanguinoso per la cittadinanza.
Le vittime
I sedici uccisi, provenienti da Carpi, Rio Saliceto, Mirandola, San Felice e Milano, avevano età comprese tra i 18 e i 61 anni. Tra loro c’erano operai, contadini e giovani partigiani. I loro nomi sono incisi sulla lapide che ancora oggi ricorda l’eccidio: Arturo Aguzzoli, Augusto Artioli, Aldo Biagini, Agostino Braghiroli, Remo Brunatti, Enzo Bulgarelli, Dino Corradi, Martino Del Bue, Umberto De Pietri, Fernando Grisanti, Costantino Iotti, Walter Lusvardi, Pierino Rabitti, Fermo Rossi, Avio Storchi e Giuseppe Zanotti.
La memoria e la giustizia
Nel dopoguerra, la piazza del massacro fu intitolata ai Martiri e venne apposta una lapide commemorativa. L’eccidio entrò anche nei procedimenti giudiziari della resa dei conti con il fascismo.
Il 5 luglio 1945 la Corte d’assise di Modena condannò a morte Antonio Petti, ex comandante militare provinciale, per i crimini commessi contro i partigiani, compreso l’eccidio di Carpi. La sentenza fu eseguita il 5 ottobre 1945. Pochi mesi dopo, l’11 agosto, anche l’ex brigatista nero Fortunato Santachiara fu condannato a morte dalla Corte d’Assise straordinaria di Reggio Emilia per aver fornito i nominativi degli abitanti di Rio Saliceto da arrestare: venne fucilato il 30 dicembre dello stesso anno.