Samuele Ciambriello: “Il diritto alla salute dietro le sbarre ormai da più parti rivela l’inadeguatezza dell’assistenza per i reclusi”.
Caserta – In quarantotto ore sono morti due giovani detenuti in Campania: uno a Carinola, 32 anni, e uno a Santa Maria Capua Vetere di 48 anni. E in entrambi i casi la prima diagnosi rimanda ad un infarto come causa di morte. La denuncia è del garante Samuele Ciambriello che ricorda come l’Italia sia stata “condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione”.
E come si può leggere in una sentenza del 3 ottobre, che riguarda “il diritto alla salute in carcere ormai da più parti rivela sia l’inadeguatezza dell’assistenza per il detenuto dietro le sbarre, sia il fatto che si entra in carcere, sani e perché si è commesso un reato, – sottolinea Ciambriello – e si rischia di uscire dal carcere dopo aver subito un reato dallo Stato o di mala giustizia o di mala sanità! Ricordo a me stesso che siamo già arrivati dall’inizio dell’anno a 74 morti per suicidi nelle carceri e questi due di Caserta si vanno ad aggiungere alle 19 morti per cause ancora da accertare”.
“Ogni decesso dietro le sbarre – si legge in un focus dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere di Antigone – rappresenta di per sé un fatto inaccettabile per la civiltà del paese e per le nostre coscienze, viene da chiedersi quanti dei detenuti che muoiono ogni anno avrebbero potuto essere fuori dal carcere e, probabilmente, essere ancora vivi. Le morti sono più frequenti tra i carcerati in attesa di giudizio, rispetto ai condannati, in rapporto di circa 60/40: mediamente, ogni anno in carcere muoiono 90 persone ancora da giudicare con sentenza definitiva e le statistiche degli ultimi 20 anni ci dicono che 4 su 10 sarebbero stati destinati ad una assoluzione, se fossero sopravvissuti. In definitiva, ogni anno 30 – 35 dei morti in carcere erano probabilmente innocenti”.
A questi, si fa notare “vanno naturalmente aggiunti i condannati che avrebbero potuto essere in misura alternativa, ma qui il calcolo diventa piuttosto difficile. Vicende di detenuti che in carcere non dovevano essere: malati terminali, paraplegici, accusati del furto di una bicicletta, di resistenza a pubblico ufficiale, immigrati “catturati” in Questura dove erano andati a chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno, tossicodipendenti in preda alla disperazione“.
A fine luglio il compianto ex presidente del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Felice Maurizio D’Ettore aveva fatto presente che le persone detenute che dall’inizio del 2024 e fino al 22 luglio 2024 sono decedute in carcere e risultano come ‘decessi per cause da accertare’ sono 14. Lo rilevava nel focus suicidi in carcere anno 2024 aggiornato ad oggi. Analizzando i dati personali, si rileva che delle 14 persone decedute tutti e 14 erano uomini. Riguardo alla nazionalità, 9 erano italiane e 5 straniere, provenienti da 5 diversi Paesi.
Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (6 persone) e tra i 40 e i 55 anni 5 persone); le restanti si distribuiscono nelle classi 18 – 25 anni (2 persone), 56-69 anni (0 persone) e ultrasettantenni (1 persona). Si rileva che l’età media delle 14 persone è di circa 41 anni. La posizione giuridica delle 14 persone che sono decedute in carcere è la seguente: 8 erano state giudicate in via definitiva e condannate, mentre 1 aveva una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè aveva almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso; 3 persone erano in attesa di primo giudizio, 2 appellanti.