Cantone in commissione Giustizia: “La durata delle intercettazioni non incida sul Codice Rosso”

Intervenuti anche la presidente Gip Milano Maccora e il procuratore di Roma Lo Voi che hanno espresso forti dubbi sulla riforma.

Roma – Sulle intercettazioni il termine di 45 giorni è “oggettivamente non corretto dal punto di vista metodologico in relazione a qualunque tipologia di reato. Bisogna dare atto che il legislatore ha tenuto fuori tutti i reati più gravi” come quelli “indicati all’articolo 13 del decreto-legge 152, quindi sia i reati in materia di criminalità organizzata sia i reati in materia di terrorismo”. Lo ha detto Raffaele Cantone, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, audito dalla commissione Giustizia alla Camera in merito al disegno di legge di Forza Italia “in materia di intercettazioni tra l’indagato e il proprio difensore e proroga delle operazioni”. Tuttavia, ha fatto notare, “pensare che il termine di 45 giorni possa essere sufficiente a chiudere un’indagine per il delitto di cui all’articolo 73 è assolutamente inidoneo”.

Cantone si è augurato che il limite di durata delle intercettazioni “non incida su reati che possono essere di particolare delicatezza e gravità come quelli del codice rosso, perché soprattutto in riferimento a questi la necessità a volte di protrarre le indagini può essere in qualche modo collegata all’esigenza di dover monitorare i soggetti che commettono questa tipologia di reati” ha aggiunto. Anche Vincenza Maccora, presidente aggiunto sezione Gip presso il Tribunale di Milano in audizione alla Commissione Giustizia della Camera, nell’ambito dell’esame della proposta di legge, approvata dal Senato, ha sottolineato che la limitazione che si vuole introdurre alle intercettazioni cosiddette ordinarie per 45 giorni “rischia di creare un arretramento sul contrasto all’illegalità e all’accertamento dei reati anche per quelli di forte allarme sociale”.

Nella procedura ordinaria di autorizzazione, ha spiegato Maccora, rientrano anche dei reati che “non sono reati di un allarme minimo, come omicidi non connessi a contesti di criminalità organizzata o violenze sessuali”. Si tratta di reati che richiedono “un accertamento in cui la misura della intercettazione si dimostra nei fatti molto importante”. “Per verificare l’utilità della proposta di riforma – ha aggiunto – bisogna porsi una prima domanda. Cioè se il catalogo dei reati che non rientra nel regime derogatorio dell’art. 13 sia un catalogo esaustivo o non bisogna integrarlo con quei reati citati, come l’omicidio comune, che è comunque di grande allarme sociale che non sempre di facile soluzione. Ma penso anche a tutti temi reati come violenza contro le donne o violenza domestica”.

Il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, nel corso dell’audizione in commissione ha sottolineato che la “limitazione alle intercettazioni a 45 giorni comporta una eliminazione di un potere che non è del pm ma del giudice per quanto riguarda la richiesta di proroga. Non c’è soltanto la criminalità organizzata, il terrorismo o il cybercrime ma ci sono reati gravissimi per i quali 45 giorni in realtà non basteranno mai e tutto questo si trasforma in una specie di divieto ad indagare”.


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