Camorra, Corte d’Appello ribalta il verdetto e assolve il boss Michele Zagaria

Il capoclan dei Casalesi era stato condannato a 30 anni in primo grado come mandante dell’omicidio di Michele Della Gatta, elemento della cosca assassinato nel giugno del 1999.

Napoli – La Corte d’Assise d’Appello di Napoli ha assolto il boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria, noto come “Capastorta”, dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Michele Della Gatta, elemento della cosca assassinato il 5 giugno 1999 in un lido di Castel Volturno (Caserta). La decisione ribalta completamente la sentenza di primo grado emessa il 1° giugno 2022 dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, Giovanni De Angelis, che aveva condannato Zagaria a 30 anni di carcere al termine di un processo con rito abbreviato.

La Corte d’Appello ha confermato le condanne per gli altri imputati coinvolti nel delitto: Vincenzo Schiavone, alias “Petillo”, esponente di vertice del clan, resta condannato a 30 anni di reclusione, come stabilito in primo grado, per il ruolo di esecutore materiale dell’omicidio. Antonio Iovine, ex capoclan dei Casalesi oggi collaboratore di giustizia, vede confermata la pena di 10 anni e 8 mesi, inflitta tre anni fa per il suo coinvolgimento come mandante. I giudici hanno ritenuto insufficienti le prove a carico di Zagaria, accogliendo le tesi difensive dei suoi avvocati, Paolo Di Furia, Emilio Martino e Giuseppe Tessitore, che hanno smontato l’impianto accusatorio basato principalmente sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.

L’omicidio di Michele Della Gatta, avvenuto nel 1999, è rimasto irrisolto per quasi vent’anni, con la prima indagine della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli archiviata per mancanza di prove. Solo successivamente, grazie alle rivelazioni di importanti collaboratori di giustizia come Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco “Sandokan” Schiavone, e dello stesso Antonio Iovine, sono emersi nuovi elementi che hanno permesso di riaprire il caso.

Secondo l’ipotesi della DDA, il delitto di Della Gatta era strettamente legato a un altro omicidio avvenuto tre mesi prima, il 19 marzo 1999, quando Carlo Amato, figlio del boss Salvatore Amato, che controllava Santa Maria Capua Vetere, fu pestato e accoltellato a morte da Della Gatta in una discoteca durante il “MakP 100”, una festa studentesca organizzata da Walter Schiavone, figlio di Sandokan, al liceo scientifico Amaldi. L’omicidio di Amato sarebbe stato scatenato da un’offesa di Carlo verso Walter e suo fratello Nicola Schiavone, spingendo Della Gatta, allora affiliato alla fazione Schiavone, a reagire con estrema violenza.

Per evitare una faida interna e la vendetta di Salvatore Amato, che intendeva colpire uno dei figli di Sandokan, i vertici del clan dei Casalesi, secondo le accuse, decisero di eliminare Della Gatta. Iovine, nelle sue dichiarazioni da collaboratore, ha confermato che lui e Zagaria premevano per l’uccisione di Della Gatta, considerato “non idoneo alla vita criminale” per il suo comportamento “poco rispettoso e rissoso”. Tuttavia, la Corte d’Appello ha ritenuto che le prove contro Zagaria, basate principalmente su queste testimonianze, non fossero sufficienti per confermare la sua responsabilità come mandante

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