La Maserati del 39enne condannato all’ergastolo per l’omicidio dello zio intercettata l’ultima volta la mattina del 23 giugno. Polemiche sulla mancata sorveglianza.
Brescia – Dopo aver atteso nove anni la condanna all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, Giacomo Bozzoli ha deciso di non aspettare la visita dei carabinieri che l’avrebbero ammanettato, portato in carcere e gettato via la chiave. Quando il primo luglio i militari si sono presentati nella sua casa sul Garda l’hanno trovata vuota, del 39enne nessuna traccia, soltanto quella lasciata dal passaggio della Maserati Levante dell’imprenditore rilevata alle 5.51 del 23 giugno da Manerba, in provincia di Brescia. E due minuti più tardi da Desenzano. E poi un altro passaggio alle 6.03. Quindi l’ultimo accesso a Whatsapp, che risale alle 3.30 del mattino fra il 23 e il 24 giugno. Dopo più nulla.
Bozzoli è ufficialmente ricercato come latitante. L’ipotesi degli inquirenti è che sia scappato insieme alla moglie e al figlio. Il suocero agli investigatori ha riferito che la famiglia sarebbe “in una località imprecisata della Francia”. La procura di Brescia sospetta che la fuga fosse stata preparata da tempo, in vista della sentenza della Cassazione. Bozzoli sarebbe molto probabilmente all’estero, in un Paese confinante con l’Italia e da quanto trapela sarebbero in corso tentativi di convincerlo a tornare.
Bozzoli non aveva restrizioni nella sua libertà di movimento. Una misura mai presa e che oggi scatena dure polemiche. Nel 2018 l’allora capo della procura di Brescia, Pier Luigi Maria Dell’Osso avocò a sé l’inchiesta sulla scomparsa dell’imprenditore bresciano. E due anni dopo chiese il rinvio a giudizio per il nipote. Al Corriere ha spiegato che “Bozzoli è sempre stato disponibile e reperibile“.