Giovedì 10 e venerdì 11 ottobre l’iniziativa a cura dell’Università di Bologna. Esposti gli scatti di Franco Zecchin.
Bologna – La reclusione: un tema complesso e attualissimo. Lo affronteranno due iniziative promosse dal DiSCi – Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna presso il Complesso di San Giovanni in Monte, convento e carcere nei secoli passati. Prendendo le mosse dalla storia della sede ospitante, il convegno Le forme della reclusione: monasteri e carceri, che si terrà giovedì 10 e venerdì 11 ottobre, metterà in relazione le spazialità delle istituzioni totali monastiche e di quelle carcerarie. Nella cornice dell’evento sarà inaugurata, giovedì alle ore 12, la mostra fotografica Abitare il silenzio/ Inabiting silence (visitabile fino al 10 novembre): il chiostro e gli scaloni dell’edificio saranno ridisegnati dalle fotografie, in gran parte inedite, di Franco Zecchin.
Il complesso cinquecentesco oggi sede del DiSCi, che la leggenda riconduce alle fondazioni del vescovo Petronio, nasce come convento fondato forse già nel secolo X secolo. È stato più volte ricostruito ad opera dei padri Lateranensi fino ad assumere l’attuale configurazione nel 1543, per mano dell’architetto bolognese Antonio Morandi detto il Terribilia. Adibito a tribunale e carcere durante l’occupazione francese, mantiene quest’ultima funzione sino alla sua acquisizione da parte dell’Alma Mater, che con il progetto Acropoli (1990-1996) lo riqualifica e lo rifunzionalizza.
Il convegno, organizzato dalle professoresse Laura Pasquini, Francesca Sbardella e Giuseppina Viscardi nell’ambito delle iniziative del centro studi Eidola – Materiality, Cognition and History of Religions, si propone di indagare i percorsi di semantizzazione degli spazi in un’ottica di chiusura e di regolamentazione. Il focus sarà sul tema del “vivere dentro”, con particolare attenzione ai percorsi di costruzione di senso nell’ambito di esperienze spaziali totalitarie, visive e sensoriali. Sia la scelta di vita volontaria sia la reclusione involontaria forzata sollevano infatti questioni legate alla costruzione degli spazi, della norma e dell’obbedienza.
La mostra fotografica Abitare il silenzio/ Inabiting silence animerà il complesso con immagini che descrivono quotidianità nascoste e private della vita claustrale carmelitana, offrendo una concreta risemantizzazione degli spazi. Le fotografie avvicineranno lo spettatore alle credenze e alle pratiche monastiche, fatte di gesti, abitudini e oggetti. All’interno di un monastero, l’organizzazione dello spazio si conforma alla devozione e, nel contempo, la costruisce e la orienta. L’essenzialità degli arredi, la natura monocromatica degli ambienti e l’assenza di oggetti personali contrastano con l’abbondanza di rappresentazioni religiosamente connotate: elementi di un contesto circoscritto e autoreferenziale che forgia i corpi delle religiose. La mostra – curata da Laura Pasquini, Francesca Sbardella e dallo stesso Zecchin e frutto di una lunga indagine illustrativa in collaborazione con la professoressa Sbardella, storica delle religioni e antropologa – restituirà alle mura antiche del Complesso di San Giovanni in Monte la percezione dei silenzi immaginati della spiritualità e della regolamentazione, condividendo con chi le frequenta oggi la vitalità di una memoria rappresentata che non è chiusura ma libertà simbolica.
Franco Zecchin si è dedicato nel corso di tutta la sua carriera di fotografo a esplorare il rapporto tra territorio e pratiche sociali. Le sue foto fanno parte delle collezioni dell’International Museum of Photography di Rochester, del MOMA di New York e della Maison Européenne de la Photographie di Parigi.