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Blitz antimafia contro il clan Santapaola Ercolano [VIDEO / TUTTI I NOMI]

Arresti in quattro regioni, 120 finanzieri in campo. Prestiti a tassi da usura e controllo delle piazze di spaccio: decapitato il nuovo “gruppo di Picanello”.

Catania – Blitz antimafia della Gdf di Catania in quattro regioni nei confronti di alcuni appartenenti alla famiglia mafiosa Santapaola Ercolano: sequestrate società, beni mobili e immobili, disponibilità finanziarie per oltre 12 milioni di euro. 120 militari stanno eseguendo da questa mattina, nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine, un’ordinanza relativa a 26 indagati, con cui il Gip su richiesta della Dda ha disposto l’arresto di 15 persone indagate, a vario titolo, “per associazione a delinquere di stampo mafioso nonché per le condotte, aggravate dal metodo mafioso, di usura, estorsione, traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti e riciclaggio di denaro nella forma del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche”.

L’indagine ha preso avvio da talune risultanze investigative acquisite nell’ambito di altra operazione delle Fiamme Gialle etnee, convenzionalmente denominata “Tuppetturu”. In quel contesto investigativo era stata censita una conversazione tra presenti in cui alcuni soggetti, ritenuti contigui al clan Cappello, articolazione Cintorino, discutevano delle dinamiche criminali in corso di evoluzione tra i nuovi referenti del gruppo di Picanello, storica branca della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano in quel rione di Catania.

Le prime risultanze dell’indagine portavano in luce la figura di Carmelo Salemi, 55 anni, noto come “u ciuraru”, perché titolare di un esercizio commerciale di rivendita di piante e fiori nel quartiere di Picanello. Insieme ad alcuni uomini di fiducia, Salemi avrebbe avuto il compito di riorganizzare un gruppo mafioso, falcidiato da una serie di arresti, lavoro interrotto bruscamente nel 2020 in seguito al suo arresto, circostanza che ha obbligato gli inquirenti a rivolgere l’attenzione sui possibili successori e, in particolare, Giuseppe Russo, 48 anni, detto “il giornalista” o ‘“l’elegante”, che avrebbe assunto la reggenza del sodalizio.

Salemi e Russo non solo avrebbero partecipato ad azioni criminali, ma avrebbero deciso, organizzato, diretto e promosso le azioni degli affiliati incontrandoli in una stalla a Picanello, intestata a un familiare di Alfio Sgroi (54 anni), ritenuto braccio destro di Salemi. I reggenti si sarebbero inoltre occupati della risoluzione di controversie all’interno del clan e con altri clan, assumendo un ruolo dirimente. Del “gruppo di Picanello” avrebbero fatto parte anche Antonino Alecci (62 anni), Andrea Caruso (43 anni), Giuseppe Gambadoro (41 anni), Fabrizio Giovanni Papa (58 anni) e Alfio Sgroi (54 anni), ciascuno con ruoli ben definiti.

In particolare, Alecci, detto “Nino”, avrebbe rivestito una funzione di primaria importanza all’interno del clan, in quanto ritenuto uomo di fiducia del boss storico Giovanni Comis, reggente del gruppo di Picanello dal 2013 al gennaio 2017, quando è stato arrestato nell’ambito di un’altra indagine. Sarebbe stato inoltre il gestore di attività di gioco d’azzardo illegale praticata nella zona di Picanello, i cui introiti sarebbero stati destinati al clan, nonché incaricato della raccolta dei soldi delle estorsioni, comprese quelle perpetrate a Natale e Pasqua, pur occupandosi personalmente e principalmente dell’attività inerente il traffico di sostanze stupefacenti per conto del clan.

Caruso, Gambadoro e Sgroi avrebbero svolto compiti di esecuzione delle direttive di Salemi e Russo, sia nei rapporti interni al gruppo, sia nei rapporti con altre articolazioni della famiglia mafiosa Santapola operanti nel territorio di Catania. Parimenti si sarebbero, a vario titolo, occupati delle attività estorsive e usurarie perpetrate in favore o in nome del clan di Picanello e del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Sgroi sarebbe peraltro risultato braccio destro di Salemi, fungendo anche da tramite tra quest’ultimo e gli altri sodali o i semplici esecutori delle iniziative criminali del capo, quali ad esempio i pusher delle piazze di spaccio gestite dai clan.

Una delle attività più redditizie del gruppo sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di reinvestimento dei proventi rinvenienti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo. Gli indagati avrebbero inoltre utilizzato metodi mafiosi per minacciare le vittime e garantirsi il pagamento delle rate di capitale e interessi. Dalle indagini sarebbe emerso un meccanismo collaudato con finanziamenti di piccoli tagli, di norma da 500 a 2.500 euro, da rimborsare in rate settimanali o mensili con un tasso di interesse oscillante tra il 140% e il 350% su base annua.

Uno dei protagonisti di queste attività sarebbe risultato Nunzio Comis, 41 anni, figlio del boss Giovanni, arrestato dalle fiamme gialle  nel 2020 all’atto di riscuotere il pagamento di una rata usuraria da parte di un imprenditore. Per svolgere le attività illecite, Comis avrebbe utilizzato un telefono aziendale intestato fittiziamente a un’altra persona, facendosi chiamare “Melo” durante le conversazioni per evitare di essere facilmente identificato. Inoltre, avrebbe fatto uso di un noto bar situato nel quartiere Picanello come punto di incontro per la riscossione delle rate da parte degli indebitati. Gli importi sarebbero stati consegnati a un soggetto chiamato “Lorenzo”, successivamente identificato nell’indagato Lorenzo Antonio Panebianco, 24 anni, all’epoca dipendente del bar. Altri indagati dediti all’attività di usura sarebbero stati individuati in Giuseppe Gambadoro, Corrado Santonocito, 61 anni e Biagio Santonocito, di 32 anni. 

Dalle indagini sarebbe inoltre emersa l’esistenza di una cassa comune del gruppo in cui far confluire i proventi delle attività illecite e da cui attingere per supportare economicamente gli affiliati detenuti o ex detenuti da poco usciti dal carcere e le relative famiglie, sostenendone pure le spese di viaggio in occasione delle trasferte per i colloqui, erogare gli stipendi, pagare gli onorari degli avvocati difensori degli affiliati stessi, reinvestire in altre attività criminali. Vi sarebbe stata anche una contabilità – chiamata la “carta” – composta da appunti scritti recanti i creditori e debitori del sodalizio nonché i guadagni e le spese sostenute.

Il riciclaggio dei proventi illeciti sarebbe stato infine assicurato da Fabrizio Giovanni Papa, imprenditore attivo nel settore dell’edilizia, ritenuto particolarmente legato al “gruppo di Picanello” e a Salemi, al quale avrebbe messo a disposizione le proprie società per il riciclaggio di ingenti quantità di contanti provento delle attività criminali del clan, contribuendo a nasconderne l’origine criminale, e per il successivo reimpiego in attività economiche o finanziarie, essenzialmente nell’edilizia, tramite le medesime imprese a lui riconducibili. E difatti numerosi cantieri avviati dalle società di Papa sarebbero sorti mediante gli investimenti dei proventi illeciti dell’associazione mafiosa.

Papa si sarebbe inoltre dimostrato profondo conoscitore delle dinamiche interne dell’organizzazione mafiosa e dei loro metodi di gestione delle richieste estorsive nonché della capacità dei boss di comandare anche durante il periodo di detenzione carceraria e del ruolo di “soldati” svolto dai ragazzi più giovani utilizzati nella gestione delle piazze di spaccio. Le sue condotte criminali avrebbero pertanto fornito un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento e, comunque, della realizzazione, anche parziale, del programma criminale dell’associazione mafiosa sotto il profilo della capacità economica, del potere di infiltrazione nel tessuto economico e del controllo del territorio.

Tutti i nomi


PERSONE DESTINATARIE DELLA MISURA DI CUSTODIA IN CARCERE:
1) ALECCI Antonino (detto “Nino”), nato a Catania il 12.10.1962;
2) CARUSO Andrea, nato a Catania il 24.12.1981;
3) COMIS Nunzio, nato a Catania il 25.09.1983;
4) CONTI Giuseppe, nato a Catania il 07.04.1987;
5) CUFFARI Michele Agatino, nato a Catania il 04.02.1991;
6) DE LUCA Alessandro, nato a Catania il 14.03.1975, inteso “AIe”;
7) GAMBADORO Giuseppe, nato a Catania il 15.10.1983;
8) PAPA Fabrizio Giovanni, nato a Catania il 12.08.1966;
9) RUSSO Giuseppe (detto “il giornalista” o “l’elegante”), nato a Catania il 27.07.l976;
10) SALEMI Carmelo (detto “Melo”), nato a Catania l’ l.0 l.1969;
11) SANTONOCITO Biagio, nato a Catania il 27.10.1991;
12) SANTONOCITO Corrado, nato a Catania il 05 .08.1963;
13) SGROI Alfio, nato a Catania il 25.1l.1970;
14) TROPEA Salvatore Alberto, nato a Catania il 07.04.1990.

PERSONE DESTINATARIE DELLA MISURA DEGLI ARRESTI DOMICILIARI:
15) PANEBIANCO Lorenzo Antonio, nato a Catania il 13.06.2000.

SOCIETÀ SOTTOPOSTE A SEQUESTRO:
1) KARMA IMMOBILIARE S.R.L. con sede in Catania, via Galati 124;
2) FABRI IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale in Catania, via Faraci nr.15;
3) P.F. COSTRUZIONI SOC. COOP., con sede legale in Catania, via Faraci nr. 15;
4) P.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede legale in Catania, viale Lorenzo Bolano nr.45;
5) B.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede in Catania in viale Lorenzo Bolano nr.45;
6) NUOVA EDILIZIA S.R.L., con sede legale in Catania, via De Caro nr. 88;
7) V.R.S. IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale in Catania, via Galatioto nr.105/A;
8) IMMOBILIARE SANTA LUCIA S.R.L., con sede legale in Catania, via F. De Amicis nr. 4;
9) AL GARDEN SALEMI S.R.L.S., con sede legale in Catania, via del Rotolo n. 11.

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