Sotto la lente finiscono colossi del lusso come Dolce&Gabbana, Versace e Prada. Si indaga sulla catena di appalti e subappalti.
Milano – L’inchiesta sul fenomeno del caporalato nel settore della moda italiana si allarga coinvolgendo alcuni dei nomi più prestigiosi del fashion mondiale. Il pubblico ministero Paolo Storari della Procura di Milano ha disposto l’acquisizione di documentazione dettagliata da tredici grandi gruppi dell’industria tessile attraverso l’intervento dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro.
I marchi destinatari delle richieste includono nomi di fama internazionale quali Dolce&Gabbana, Versace, Prada, Gucci, Missoni, Ferragamo, Yves Saint Laurent, Givenchy, Pinko, Coccinelle, Adidas, Alexander McQueen Italia e Off-White Operating. Queste società si aggiungono ai brand già finiti precedentemente nel mirino degli inquirenti, tra cui il caso più recente riguarda Tod’s.
L’obiettivo primario dell’indagine è verificare l’esistenza e l’efficacia dei meccanismi di controllo adottati dalle aziende sulla complessa rete di fornitori, appaltatori e subappaltatori coinvolti nel processo manifatturiero. Il magistrato inquirente vuole esaminare nel dettaglio come questi gruppi monitorino le condizioni di lavoro lungo l’intera filiera produttiva.
Le ragioni che hanno spinto ad ampliare le verifiche derivano da elementi raccolti nelle precedenti inchieste condotte su altri giganti del settore. Durante queste attività investigative sono emersi ripetuti episodi di sfruttamento di manodopera cinese impiegata in laboratori clandestini e strutture che funzionavano contemporaneamente come luoghi di produzione e alloggio. In questi opifici-dormitorio gli investigatori hanno rinvenuto capi e accessori riconducibili proprio ai brand ora sottoposti ad accertamento.
Per ciascuna delle tredici società indicate, la Procura ha quindi individuato indizi di presunte irregolarità nella gestione della catena produttiva che necessitano di approfondimenti investigativi. La documentazione richiesta servirà agli inquirenti per valutare se sussistano responsabilità dirette o indirette delle case di moda rispetto alle condizioni di lavoro nei laboratori che realizzano i loro prodotti.