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Benvenuti all’inferno di Regina Coeli

Oltre 1100 detenuti stipati come bestie, celle-latrina e una dignità calpestata: la visita shock dei parlamentari denuncia una crisi umanitaria ignorata dal governo. Nordio minimizza ma il carcere esplode.

Roma – Una denuncia alla Procura di Roma, tre ore di visita che hanno sconvolto anche parlamentari abituati alle emergenze del sistema penitenziario, testimonianze di detenuti ridotti allo stremo. È il bilancio della missione ispettiva condotta dal deputato Roberto Giachetti di Italia Viva, Rita Bernardini di Nessuno Tocchi Caino e Renata Polverini nel carcere romano di Regina Coeli, nell’agosto in cui il ministro della Giustizia Carlo Nordio continua a minimizzare l’emergenza carceri.

Il paradosso delle statistiche ufficiali

Mentre Palazzo di Giustizia dichiara che “la situazione è sotto controllo” e i dati sono “nella media europea”, la realtà documentata dai parlamentari racconta di una vera e propria emergenza umanitaria. Regina Coeli ospita oltre 1100 persone in spazi progettati per 513 detenuti, con un rapporto drammatico di un agente penitenziario ogni 90-150 reclusi.

Il sovraffollamento ha raggiunto il 191,96%, trasformando quello che dovrebbe essere un istituto di rieducazione in un deposito umano dove la dignità è solo un vago ricordo. La crisi si è estesa persino al carcere minorile di Casal del Marmo, che per la prima volta registra sovraffollamento con 63 ragazzi a fronte di 50 posti disponibili.

L’anatomia dell’inferno: la settima sezione

La settima sezione di Regina Coeli rappresenta il cuore oscuro del sistema penitenziario italiano. Qui la matematica della disperazione si traduce in numeri crudi: nove metri quadrati per sei persone, un buco nel pavimento al posto del bagno, un corridoio lungo il quale si accumulano sacchi dell’immondizia che nessuno ritira da ore, forse giorni.

L’ispettore improvvisato si trova di fronte a scene che definire medievali sarebbe un complimento: detenuti che corrono in cerchio su quattordici metri quadrati di asfalto bollente, celle dove si fa la pipì per terra da giorni, un fetore che “opprime il respiro” secondo le parole di Giachetti.

Giachetti

La creatività della sopravvivenza assume forme grottesche: un detenuto ha sviluppato l’abilità di infilare la testa tra le sbarre per ricevere il cibo, altri fermentano frutta marcia per ottenere alcol di fortuna. Ventisei contenitori di questo “vino” sono stati sequestrati di recente ma rappresentano solo la punta dell’iceberg di un mercato nero che include droga e cellulari.

I volti della tragedia

Dietro i numeri ci sono storie umane che il sistema ha cancellato. Federico, John e Sami vivono segregati nella “cella dei gay”, in cui restano chiusi 23 ore al giorno per la loro “protezione”. Hashir, il giovane maghrebino che corre ossessivamente nel cortile, rappresenta la follia di chi cerca di fuggire da un inferno senza uscita.

Salvo di Procida, cinquantenne con un tumore alla prostata, aspetta cure che potrebbero non arrivare mai. Gli egiziani Ziaid e Kabra, di 19 e 24 anni, condividono con altri quattro detenuti uno spazio che lascia appena 160 centimetri per muoversi. La loro conoscenza dell’italiano si riduce a tre parole essenziali: “Questo-no-umano”.

Il business della disperazione

All’interno di Regina Coeli si è sviluppato un sistema economico parallelo che replica e amplifica le dinamiche criminali del mondo esterno. Esistono “schiavi” e “padroni”, come racconta amaramente una fonte interna, con gerarchie che si basano sul controllo di sostanze stupefacenti e telefoni cellulari.

La domenica, quando le docce vengono sospese, i detenuti scherzano amaramente: “Possiamo puzzare”. È l’umorismo nero di chi ha imparato che ridere è l’unica alternativa al piangere, in un contesto dove anche l’igiene personale diventa un privilegio.

La guerra dei numeri

Il ministro Nordio sostiene paradossalmente che il sovraffollamento aiuti a prevenire i suicidi, contraddicendo ogni evidenza empirica. Nel 2025 Regina Coeli ha già registrato il suicidio di un giovane di 25 anni, mentre a livello nazionale i morti in carcere hanno raggiunto quota 148 nel 2024, di cui 48 suicidi.

Il ministro Carlo Nordio

I dati ufficiali parlano di 1.092 detenuti a giugno 2025 contro una capienza effettiva di 566 posti ma la testimonianza diretta dei parlamentari eleva il numero oltre le 1100 unità. Una discrepanza che racconta anche dell’incapacità del sistema di monitorare sé stesso.

Le vittime in divisa

La tragedia di Regina Coeli non colpisce solo i detenuti. Agenti penitenziari, comandanti e direttori lavorano in condizioni impossibili, spesso con organici ridotti all’osso e responsabilità sproporzioni. La vicedirettrice Antonella Rasola, il dirigente Fernando Stazzone e il vicecomandante Emanuele Ripa rappresentano il volto di una burocrazia che cerca di gestire l’ingestibile.

Padre Vittorio Trani, francescano che opera nell’istituto, incarna la dimensione spirituale di una missione impossibile, annotando su un taccuino i bisogni elementari: “gambiano Z., pantofole”. Piccoli gesti di umanità in un oceano di disumanità, come racconta La Repubblica.

L’accusa e la denuncia

“Quello che abbiamo visto supera qualunque peggiore immaginazione”, dichiara Giachetti, annunciando una denuncia dettagliata alla Procura di Roma. “Un quadro in cui i maiali nelle porcilaie, grazie alla normativa europea, vivono meglio dei detenuti nel carcere”.

Regina Coeli

L’accusa è diretta: “È fuori controllo la situazione, sono fuori controllo il ministro e questa maggioranza”. Una dichiarazione che suona come un atto d’accusa non solo al governo ma all’intero sistema che permette il perpetuarsi di queste condizioni.

Il ministro Nordio ha promesso soluzioni efficaci per settembre, ormai alle porte, istituendo una task force dopo che gli adempimenti del settembre 2024 sono rimasti lettera morta. Le parole si ripetono, le condizioni peggiorano e Regina Coeli rimane il simbolo di un fallimento sistemico che coinvolge politica, amministrazione e società civile.

Mentre l’Europa guarda e l’Italia minimizza, dietro le sbarre di Regina Coeli l’umanità continua a morire ogni giorno, un piccolo pezzo alla volta. E qualcuno, prima o poi, dovrà rispondere di questo crimine collettivo contro la dignità umana.

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