Secondo il report dell’Istituto, nel 2024 il 23,1% della popolazione italiana vicina all’esclusione sociale. Si allarga il divario di reddito tra Nord e Sud del Belpaese.
Roma – Peggiorano le condizioni di vita in Italia. A dirlo è l’Istat, che nel suo ultimo report “Condizioni di vita e reddito delle famiglie, anni 2023-2024”, rileva che il 23,1% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale, rispetto al 22,8% del 2023. Questo dato, basato su tre condizioni – rischio di povertà, grave deprivazione materiale e sociale o bassa intensità di lavoro – evidenzia una crescente fragilità sociale, pur restando sotto i livelli pre-pandemia (25,4% nel 2019).
Per misurare la disuguaglianza, l’Istat utilizza due indicatori chiave: il rapporto S80/S20 e l’indice di Gini. Il primo, che confronta il reddito del 20% più ricco (ultimo quinto) con quello del 20% più povero (primo quinto), nel 2023 sale a 5,5 dai 5,3 del 2022 (senza affitti figurativi), segnalando un lieve allargamento del divario. Con gli affitti figurativi inclusi, il valore è 4,8 (4,7 nel 2022), ma nel Mezzogiorno tocca il 5 (da 4,7), mentre resta più contenuto nel Nord-ovest (4,4 da 4,1), stabile nel Centro (4,5) e basso nel Nord-est (3,7). L’indice di Gini, calcolato sui redditi netti senza componenti figurative, passa da 0,315 nel 2022 a 0,323 nel 2023, confermando un aumento della concentrazione dei redditi.
A livello geografico, il Nord-ovest si distingue per il reddito medio familiare più alto, inclusivo degli affitti figurativi: 47.429 euro nel 2023, in crescita dai 44.564 euro del 2022. Il Nord-est segue con 47.279 euro (da 46.933), sopra la media nazionale di 42.715 euro. Il Centro registra 44.001 euro (da 42.742), mentre il Mezzogiorno, pur con un incremento significativo (34.972 euro da 33.140), resta indietro, evidenziando un gap strutturale. “Il reddito del Sud cresce, ma non abbastanza da colmare il divario”, si legge tra le righe del report.
Le differenze territoriali si riflettono anche nella disuguaglianza. Il Gini nel Mezzogiorno balza a 0,339 (da 0,321), il valore più alto, contro lo 0,303 del Nord-ovest (da 0,295), lo 0,314 del Centro (da 0,305) e lo 0,276 del Nord-est, unica area in miglioramento (da 0,282). “Il Sud mostra una concentrazione dei redditi più marcata, mentre il Nord-est resta la zona più equa”, sottolinea l’Istat. L’inflazione, che erode il potere d’acquisto, e le politiche redistributive meno efficaci nel 2024 potrebbero aver contribuito a questo trend.
Il quadro dipinto dall’Istat è quello di un’Italia a due velocità: il Nord-ovest e il Nord-est trainano i redditi, ma la disuguaglianza cresce ovunque, tranne nel Nord-est. Il Mezzogiorno, pur in ripresa nominale, resta penalizzato da un’economia fragile e da un divario che si allarga. Le indagini proseguiranno per il 2024, ma i dati attuali lanciano un segnale d’allarme: senza interventi mirati, il rischio di povertà e le disparità potrebbero radicarsi ulteriormente.