Battaglia per la cannabis light, la Corte di giustizia Ue diverge dalla politica italiana

Emma Pavanelli (M5S) attacca: “Sentenza in netto contrasto con la visione oscurantista del governo Meloni, basta ideologie”.

Roma –  “La coltivazione e la commercializzazione della canapa industriale non possono essere limitate dagli Stati membri. A stabilirlo, adesso, è anche la Corte di Giustizia Europea. Una decisione che si pone in continuità con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale italiana, che a più riprese ne ha dichiarato lecita la coltivazione, e dunque anche la vendita, purché i prodotti ricavati abbiano un principio attivo inferiore allo 0,6%”. Lo sottolinea Emma Pavanelli, Capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Attività Produttive alla Camera.

La parlamentare fa notare che si tratta di “sentenze che purtroppo vanno in netto contrasto con la visione oscurantista del governo Meloni, che nel ddl sicurezza pochi mesi fa ha introdotto una norma che ha vietato la commercializzazione di tutte le infiorescenze della canapa e quindi la vendita di tutti i prodotti contenenti tali infiorescenze. Una disposizione frutto di una visione ideologica priva di senso e soprattutto di fondamento scientifico che rischia di mandare in crisi un intero settore in forte espansione, lasciando grandi spazi vuoti nel mercato rispetto ai competitor europei. Una decisione da sempre illegittima, che oggi si pone anche in netto contrasto con il diritto interno ed europeo. Il governo dovrà necessariamente tornare sui propri passi perché il tempo delle ideologie è finito da un pezzo”.

Emma Pavanelli

La sentenza deriva da un rinvio pregiudiziale della Corte rumena d’appello di Alba Iulia, per quanto riguardava il rifiuto di autorizzazione alla coltivazione della canapa ricevuto dall’azienda agricola Biohemp Concept. La Biohemp non aveva avuto l’autorizzazione alla coltivazione in una parte del proprio terreno, dove era presente una costruzione “a scopo agro-zootecnico”. Il tribunale rumeno sosteneva che l’autorizzazione alla “coltivazione di piante contenenti sostanze stupefacenti e psicotrope destinate ad uso industriale e alimentare, nel campo medico, scientifico o tecnico” si dovesse limitare ai terreni agricoli.

La questione è stata rinviata dalla Corte di appello alla Cgue per chiarire se la normativa europea fosse compatibile con l’autorizzazione alla coltivazione anche per i sistemi idroponici in ambienti chiusi o ci fossero ulteriori limitazioni. E la Corte ha chiaramente detto che, purché non ecceda il limite previsto per la tutela della salute pubblica, la coltivazione in ambienti interni (autorizzati) è possibile, considerando che la canapa rientra tra i prodotti ricompresi nella PAC. Peraltro, la canapa rientra tra i prodotti che, da regolamento europeo, compongono l’Ocm, un’organizzazione comune di mercato, per la quale si stabiliscono dei criteri comuni per poter importare nell’Ue canapa e semi di canapa in relazione al tenore di Thc.

L’unica limitazione possibile e prevista dalla sentenza è quella dell’evidenza empirica di rischi alla salute pubblica, che prevalgono rispetto agli obiettivi europei relativi alla Pac.  Si deve valutare “se le analisi scientifiche […] dimostrino che sussistono incertezze quanto all’esistenza di un maggior rischio di superamento del limite del tenore di Thc (rispetto al consentito, n.d.r.)” per quanto riguarda questo tipo di coltivazione. In caso contrario, il legislatore europeo non prevede divieti, con un bilanciamento tra obiettivi della Pac e dei suoi prodotti e la tutela della salute pubblica dei cittadini.

Il divieto italiano di vendita di infiorescenze è ora in contrasto con un’Ue più progressista, e le associazioni di filiera invitano il governo italiano a riconsiderare l’articolo 18, favorendo una regolamentazione basata su evidenze scientifiche e lo sviluppo sostenibile del settore. D’ora in poi, non sarà possibile limitare il commercio e la coltivazione di canapa sativa L in modo arbitrario, ma solo se effettivamente sussistono rischi alla salute pubblica.

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