I delitti sono stati commessi nel 2017 per agevolare i traffici del clan Palermiti. Quattro dei malviventi sono già in carcere.
Bari – Blitz alle prime luci dell’alba di oggi da parte della polizia nelle città di Bari, Cagliari, Benevento, Siracusa, e Teramo. Otto persone sono state arrestate in esecuzione un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Sezione G.I.P. presso il Tribunale di Bari su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Sono tutte ritenute responsabili, a vario titolo di due omicidi, porto e detenzione di armi da guerra e di armi comuni da sparo. Gli omicidi sono stati compiuti nel 2017, nel quartiere Japigia di Bari: Francesco Barbieri fu ucciso la sera del 17 gennaio e Nicola De Santis il pomeriggio del 12 aprile di quell’anno. Si tratta di delitti aggravati dal fine di agevolare l’attività del clan Palermiti, associazione di tipo mafioso di cui erano sodali.
Barbieri fu avvicinato mentre guidava l’auto da due sicari a bordo di uno scooter e freddato con cinque colpi di pistola nei pressi del Liceo Scientifico Salvemini, in via Prezzolini. Dalle indagini svolte, è emerso che la vittima era a capo di una prosperosa e ramificata rete di spaccio di cocaina. Per anni, aveva acquistato la droga dal clan Palermiti, operativo nel rione Japigia, senza essere formalmente affiliato a quella organizzazione criminale. Circa un mese prima di cadere vittima dell’agguato, aveva iniziato a rifornirsi di cocaina da un altro gruppo criminale, riferibile a Antonio Busco, anch’esso operativo nel quartiere Japigia. Questa decisione gli è costata la vita.
Il gruppo criminale di Busco, al quale Barbieri si era avvicinato, non tollerò l’affronto subìto e la sera del successivo 6 marzo, in una traversa di via Peucetia, portò a termine la propria vendetta, assassinando, a colpi di arma da fuoco, Giuseppe Gelao e ferendo gravemente Antonino Palermiti. A quel punto, l’intero mondo criminale del quartiere Japigia, composto dai Parisi e dai Palermiti, avrebbe deciso di fare terra bruciata intorno al gruppo ristretto di Busco, organizzando un eclatante agguato armato, diretto all’eliminazione fisica di tutti i componenti della compagine.
Tre sicari, muniti di altrettante pistole e di un fucile mitragliatore kalashnikov, si appostarono in casa di un complice, agli arresti domiciliari, in attesa del momento più opportuno per agire. Altri tre sodali, muniti di radioline, si appostarono sui terrazzi delle rispettive abitazioni, con il compito di segnalare, al commando armato, la presenza degli obiettivi. Il pomeriggio del 12 aprile, ricevuta la segnalazione della presenza dell’intero gruppo Busco in via Archimede, i tre sicari, lasciata l’abitazione del complice, a bordo di un’Alfa Romeo 147 rubata, già pronta per l’uso, raggiunsero le potenziali vittime ed esplosero decine di colpi di arma da fuoco, utilizzando le quattro armi a loro disposizione.
Nicola De Santis, uno degli obiettivi, alla guida di una moto di grossa cilindrata, tentò la fuga, inseguito dall’Alfa Romeo: anch’egli era armato di pistola, ma non riuscì a rispondere al fuoco, perché i sicari lo raggiunsero nei pressi dell’ingresso del Liceo Scientifico Salvemini e lì lo freddarono a brucia pelo. In quel frangente, un proiettile dei killer infranse anche una finestra di un’aula della scuola. Fortuna volle che gli studenti impegnati nelle lezioni pomeridiane non fossero in classe al momento dell’agguato.
Il commando omicida si spostò quindi nella campagna barese e con l’aiuto di un sodale diede alle fiamme l’auto utilizzata per commettere l’agguato e i vestiti indossati, “tagliando” e sotterrando le armi impiegate per l’omicidio di De Santis e la pistola utilizzata per uccidere Barbieri.
Per l’omicidio di Gelao ed il tentato omicidio di Palermiti, il 26 ottobre scorso, Antonio Busco è stato condannato all’ergastolo con l’aggravante mafiosa dalla Corte di Assise di Bari. L’ordinanza cautelare eseguita in data odierna chiude il cerchio investigativo sui tre fatti di sangue. Quattro destinatari del provvedimento cautelare, al momento dell’esecuzione, sono già in carcere per altre cause.