La morte dell’operaio nel Pavese nel 1987 fu archiviata come gesto estremo. Oggi la Procura di Pavia indaga per omicidio: indagati la vedova e un presunto sicario.
Pavia – Un caso giudiziario che sembrava chiuso da quasi quarant’anni torna improvvisamente sotto i riflettori. È il mistero attorno alla morte di Francesco Ancona, operaio edile trovato privo di vita l’11 febbraio 1987 lungo la provinciale 26 tra Mortara e Ceretto Lomellina, nel cuore della Lomellina. Per anni la sua fine era stata considerata un suicidio: un gesto disperato, forse causato dalla disoccupazione, da problemi familiari e da una presunta malattia.
Ma ora, a distanza di 38 anni, la Procura di Pavia ha riaperto il fascicolo. E le nuove indagini puntano in una direzione completamente diversa: omicidio premeditato.
Le nuove indagini: due indagati
La svolta arriva con la riesumazione della salma, avvenuta al cimitero di Castellammare del Golfo (Trapani), dove l’uomo era stato sepolto. L’obiettivo è chiaro: accertare se la sua morte sia stata provocata da cause violente e non, come si ritenne all’epoca, da un investimento accidentale o volontario da parte di un camion pirata mai identificato.
La Procura ha iscritto nel registro degli indagati due persone. La prima è Giovanna Navarra, vedova di Ancona, oggi 75enne e residente nel Trapanese, ritenuta la presunta mandante del delitto. Il secondo è Domenico Scarfò, 70 anni, originario della Calabria ma domiciliato a Vigevano, che secondo gli inquirenti avrebbe avuto il ruolo di esecutore materiale, ovvero il presunto sicario.
L’ipotesi choc: veleno, botte e una betoniera
Secondo quanto ipotizza il pubblico ministero Alberto Palermo, la vittima sarebbe stata prima avvelenata, poi colpita con un oggetto contundente, cosparsa di benzina e infine travolta da una betoniera. Il tutto, presumibilmente, per simulare un suicidio e sviare le indagini.
Gli inquirenti parlano di azione premeditata e in concorso con terzi. A sostegno della nuova pista investigativa, sarebbero emersi elementi incongruenti già nella scena del ritrovamento del cadavere: il corpo era intatto tranne che per le ferite alla testa, i vestiti non presentavano segni evidenti di trascinamento o urti compatibili con un investimento, e la zona era molto trafficata, rendendo improbabile che nessuno avesse notato nulla.
Una famiglia divisa
All’epoca della tragedia, la moglie di Ancona aveva denunciato la sua scomparsa la sera prima del ritrovamento, dichiarando di averlo visto a Vigevano e di essersi separata da lui per poi rivedersi alla stazione. Non vedendolo arrivare, disse di essere rientrata a casa e di essersi poi recata dai carabinieri. Il giorno successivo, il corpo fu scoperto in un campo di sterpaglie.
Oggi i tre figli della coppia – Antonino, Maria e Giuseppa – si sono costituiti parte offesa. Due risiedono in provincia di Pavia, mentre uno è rimasto a Castellammare del Golfo.
Nel frattempo la Procura ha affidato nuove consulenze a un medico legale, a un tossicologo forense e a un’antropologa fisica e forense, che saranno incaricati di accertare la vera causa della morte e valutare eventuali tracce di avvelenamento o violenza sul corpo riesumato.